sabato 5 giugno 2010

Il canone occidentale

Harold Bloom, il più amato e odiato storico, teorico e critico della letteratura del secondo Novecento, fra i più influenti e discussi conoscitori della cultura occidentale ancora viventi, spesso accusato di snobismo, ebreo newyorkese - ma che per essere più alla moda avrebbe preferito nascere “donna eschimese” -, nel suo libro più importante, cui ho barbaramente rubato il titolo del mio post, sostiene che nella produzione culturale occidentale esista, al di qua e al di là delle differenze, un filo rosso, un filo conduttore. Questo filo conduttore corre, sostanzialmente, sull’asse Dante-Joyce; raggiunge il suo acme in Shakespeare, e consiste nel tentativo di esprimere, mediante un’opera creativa, l’intera conoscenza umana dell’epoca e la relativa visione del mondo. Almeno che io sappia, Bloom si è occupato di qualsiasi forma culturale, eccetto che di cinema e di televisione (magari qualche suo scritto a proposito ci sarà, ma io non lo conosco).


Slavoj Žižek, sloveno, fra i più influenti filosofi a livello globale, ha inaugurato, ai massimi livelli, la tendenza di far dialogare cultura altissima (Spinoza, Hegel, Marx) con quella che si è soliti definire cultura pop: cinema, televisione; persino pornografia. Celeberrimo è il suo libro su Matrix (S. Žižek, Benvenuti nel deserto del reale, Roma, 2002), dove egli espone, fra le altre tantissime cose, che gli autori si siano ispirati a Lacan. E’ autoevidente che la stragrande maggioranza degli spettatori di Matrix “bollerebbe” le asserzioni di Žižek come “fuori luogo”; ma questo per il semplice fatto che non capiscono una mazza di filosofia e che a lui non gliene fotte di farsi capire da loro. La democrazia, direbbe Žižek, non è parlare e/o farsi capire da tutti, ma avere la libertà di scegliere i propri interlocutori, fosse anche uno solo.

Lost rientra, a mio parere, nel “canone occidentale”, ne ha pienamente le caratteristiche, l’ambizione-illusione, tipicamente occidentale, di “sincretizzare” la conoscenza del tempo e la sua visione del mondo. Non importa se le tesi di fisica teorica e di teologia, secondo i parametri attuali, sono conciliabili tra loro o no. Quel che conta è il tentativo di aver provato a mettere insieme il sapere in-attuale secondo una prospettiva escatologica (il che, poi, non significa altro, etimologicamente, che parlare delle cose ultime). Lost, ci sono ottime probabilità, secondo me, sarà una pietra miliare della cultura occidentale del XXI secolo, perché, come tutte le opere significative, fa i conti col tempo e col senso.

13 commenti:

  1. THROUGH THE LOOKING HEDGE - Condivido l’idea che la filosofia e, in genere, la cultura occidentale abbiano alla loro base il tentativo di sintetizzare una visione anche “escatologica” del mondo, anche se forse nel mondo post-moderno l'aldilà viene bellamente ignorato, o rappresentato quale dimensione parallela, non si capisce quanto più o meno eterna.
    Mi permetto però di ribadire – e prometto che sarà l’ultima volta – che, in quanto opera soprattutto “estetica”, più che “etica” o “filosofica”, a Lost sia opportuno guardare soprattutto come ricerca di un moderno “sublime” (il sublime della vita quotidiana, delle azioni di ogni giorno).

    Sublime è ciò – lo riprendo dal dizionario Sabatini-Coletti, tanto per dare un punto di partenza al dibattito – che “raggiunge i livelli più alti nei valori spirituali e artistici, spesso in usi enfatici, iperbolici e ironici”, che ricerca il “livello più alto, il sentimento più elevato, il bello e il grande al sommo grado”, che si rivolge alla “perfezione dell'arte come sintesi di sentimento e di stile”, portando avanti – aggiungo io - il pensiero estetico classico centrato su Aristotele (la ricerca del bello, del buono e dell'utile).

    Lost, in fondo, è uno show televisivo che si è proposto di intrattenere in modo appassionante e intelligente, attingendo idee e spunti dalla cultura di ogni latitudine, inscenando in modo originale e visionario la vita moderna.

    Senza scomodare (ma forse sarebbe il caso qualcuno lo facesse) i tanti legami di Lost con la filosofia e il pensiero orientale (in cui più di tutto si cerca la “visione” della luce, non per accumulo ma per sottrazione di elementi), concludo sottolineando che spesso vediamo “i nostri eroi” seduti sulla spiaggia o altrove, da soli o in compagnia, intenti a meditare sulla propria vita, sulle proprie scelte, sul senso del proprio cammino, sperando (come noi spettatori) che tutto si ricomponga, che tutti i pezzi, magari anche quelli perduti, tornino al loro posto (nell'Isola che... non c'è!).

    Ecco, secondo me, il sublime è proprio questo, e lo manifesta Leopardi nel suo idillio “L'infinito”: un uomo, seduto, intento a guardare dall’alto, felice di sperimentare che, se anche non troverà una risposta ai suoi interrogativi, il buono, il bello e l'utile della sua ricerca di senso sono appagati proprio da quella tensione verso l'in(de)finito, alimentata dall'immaginazione...
    Andando al di là della siepe...

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  2. @MITRIS Il tuo commento mi pare assai centrato e mi trova pienamente in accordo, particolarmente quando poni LOST all'interno del "canone occidentale" esemplarmente esplicato.
    Concordo anche, e mi pare assai evidente, sulla prospettiva escatologica di LOST.
    A questo punto la mia domanda, un po' provocatoria, verte sulla volontarietà degli autori nell'aver creato tale "mostro" e su quanto sia importante o meno tale volontà.
    O forse gli autori (ad ogni modo geniali), figli del nostro tempo e del pensiero di questo tempo, non potevano fare altro che creare tale tipo di opera?

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  3. "Lost rientra, a mio parere, nel “canone occidentale”, ne ha pienamente le caratteristiche, l’ambizione-illusione, tipicamente occidentale, di “sincretizzare” la conoscenza del tempo e la sua visione del mondo".
    Appunto per questo credo che la straordinarietà di Lost sia stata quella di essere, a ben guardare, una serie "non per tutti", ma con il notevolissimo pregio di essere stata fruita da milioni di persone, ognuna accostatasi perchè attratta da singoli aspetti della storia, secondo le proprie personali preferenze.
    Molti che sono stati incollati allo schermo per anni, che hanno guardato Lost in attesa di sapere che risposta sarebbe stata data a questo o a quel mistero, oggi riempiono i forum di commenti critici sulla scelta del finale, accolto addirittura come "una presa in giro", una non risposta a tutti i misteri di cui gli autori hanno disseminato la storia.
    A mio avviso la grandezza di Lost è invece nel suo essere stato una potente metafora della condizione umana, che ha formulato interrogativi profondi sul significato dell'esistenza in una cornice data dalla scienza (fantascienza) del proprio tempo.
    La prospettiva escatologica, tanto criticata dai fan "illuministi",ha arricchito a mio parere ulteriormente la storia di contenuti che fanno parte di gran parte della cultura moderna e contemporanea.
    Il paragone che mi è venuto subito in mente, a proposito delle ambizioni di Lost, è Kubrick, 2001 Odissea nello Spazio. Un'opera che definire di fantascienza è altamente riduttivo.

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  4. La cultura post-moderna non ignora bellamente l’al di là (è una questione molto complessa che non è possibile affrontare in un blog). Il post-moderno è stato un capitolo della cultura occidentale, ormai chiuso - con i suoi pregi e i suoi difetti. Quando io, da qualche parte, ho scritto di Lost come opera post-moderna, è perché non ho ancora trovato un termine migliore; non credo, infatti, che Lost sia un’opera post-moderna, penso sia una cosa diversa (ma post-post-moderno non è proprio un’espressione gradevole). Il post-moderno ha preso pezzi di metafisica e poi li ha “azzeccati” alla meglio. I post-modernisti ante-litteram, in fondo, esistevano già nell’antica Grecia, e Platone li ha totalmente disintegrati (Cf. Platone, “Politico”, Milano, 2005). Però, sinceramente, è la prima volta che leggo che i post-modernisti descrivano l’al di là come dimensione parallela più o meno eterna. Sarebbero degli idioti.

    La questione sul sublime che sollevi mi ricorda una storiella legata a Hegel. Si trovava in viaggio con una signora, adesso non ricordo bene il contesto. In ogni caso, fra montagne, laghi e fiumi meravigliosi, Hegel disse: “Vede signora, questo per me è il sublime!”. La signora, candidamente, rispose: “Sì, questo è sublime... ma è anche molto bello!”.

    Circa la volontarietà degli autori di creare un “mostro” simile, non è importante; perché quando si scrive, o si recita una cosa, la si perde; ed è il pubblico a giudicare. Le intenzioni non contano, diciamo così. Ma è anche vero che un critico, uno storico della cultura, non può non provare a mettersi nei panni dell’autore; non può non chiedersi: “ma questo che ha voluto dire?”. Secondo me, loro avevano ben chiara l’idea di scrivere un’opera fondamentale per il XXI secolo. A mio modesto parere, ci sono riusciti. Ma saranno i miei nipoti a giudicare.

    L’ultima questione, per ora, riguarda il fatto se Lost è o non è per tutti. Non conosco bene i dati, forse mi sbaglio, ma credo che “The End” abbia battuto tutti i record di ascolto per un TF in America. Il che non significa, ovviamente, “che sia per tutti”. Tu sai meglio di me che i grandi poemi, prima di essere insegnati nelle scuole e nelle università, venivano recitati in piazza. Per questo, dico che l’elitarismo o il non-elitarismo di Lost è un falso problema. Lost rientra perfettamente nel “canone occidentale”: pur essendo rivolto a chiunque, non è né per tutti, né per nessuno; è per alcuni.

    LOST.

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  5. Ricordo con piacere una disputa tra me e Mitris, esattamente due anni fa (alle soglie della zuppa di gabbiano), proprio sulla natura postmoderna oppure post-postmoderna di Lost. Se non erro, all'epoca Mitris aveva una posizione meno possibilista di ora rispetto a quanto sostenevo. Mi cito: "Dopo l'11 settembre 2001 il paradigma è cambiato anche se non credo abbia ancora un nome. Secondo me questo paradigma ha un corrispettivo in rete che si chiama web 2.0. Pertanto la nuova fase sta al web 2.0 come il postmoderno sta all'ipertesto, e Lost è un prodotto web 2.0, proprio perché fortemente post-9/11. Cosa contraddistingue questo post-postmoderno? Il fatto che il consumatore sia anche produttore, che lo spettatore sia anche narratore: è l'era dell'abbattimento della quarta parete. La faccenda del produttore-consumatore (pro-sumer, lo chiamano gli anglofoni) in realtà è vecchia, e forse solo postmoderna. La cosa della metanarratività invece secondo me è nuova: con *caduta della quarta parete* non voglio dire che gli spettatori scoprono la verità dietro al sipario, ma che entrano a far parte della narrazione, fingendosi narratori a propria volta. Esempio per eccellenza di tutto ciò è l'informazione: mai come oggi abbiamo accesso a più fonti di *informazione* - di più, possiamo essere noi stessi a dare, approfondire, interpretare le notizie a favore della comunità (pensiamo ai blog, ai podcast, ai forum: ciascuno è giornalista e lettore allo stesso tempo). Ma in realtà non siamo forse mai stati tanto lontani dalla *verità*, perché attivamente sebbene forse inconsapevolmente contribuiamo a distorcerla, o a propagarne versioni distorte. Non a caso ho parlato di 11 settembre: è il momento in cui si è innescata globalmente questa dinamica, ma è un evento storico di cui è sempre più dubbia la verità dei fatti. Altro momento di coinvolgimento collettivo sul palco della storia è stata la morte di Giovanni Paolo II: pensiamo ai pellegrini che fotografavano col cellulare la salma; si è trattato di costruzione e diffusione su scala globale di *reliquie digitali*, che narrano un evento, ma che ne celano la verità.
    In Lost, anche noi - teorizzando, bloggando, podcazzeggiando - partecipamo alla costruzione della trama, in qualche modo la orientiamo, siamo spesso più al di là che al di qua del sipario, pur essendo lontani dalla *verità* (se ce n'è una).
    Pertanto - e chiudo qui - è Twin Peaks forse ad essere stato eminentemente postmoderno, in quanto primo serial dell'era internet; Lost è post-tutto perché primo serial del web 2.0. Twin Peaks sta all'ipertesto come Lost sta al wiki.
    Incidentalmente, TP è stata - pare - la serie più videoregistrata della storia della TV; non stento a credere che Lost sia la più scaricata di sempre".
    Alan Kirby definisce questo post-postmoderno come pseudo-moderno e non lo fa in termini lusinghieri, anche perché prende ad esempio il televoto del Grande Fratello.
    Il finale di Lost non ha purtroppo battuto nessun record di telespettatori. Pare però sia - a conferma di quella che col senno di poi parrebbe una mia profezia - l'episodio con il maggior numero di download di sempre.
    Infine, concordo con spiderman sul fatto che Lost sia stato il miglior interprete dello zeitgeist di questo scorcio di secolo - così come Matrix lo era stato per la fine del secolo scorso.

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  6. L’idea centrale del “canone” è che la storia della cultura occidentale abbia un “minimo comune denominatore”. Lost, secondo me, come il “Finnegans Wake”, ne è una pietra miliare, in senso letterale: indica la strada. Anche per me, spidy ha ragione quando pensa che Lost incarni lo “spirito del tempo” di questo nostro inizio di XXI secolo. Lost non è un’opera post-moderna, quando l’ho scritto, ho fatto una cazzata. Però, se la tua idea è che i fruitori, per la prima volta nella storia della produzione culturale occidentale, con Lost, siano anche autori, è, sempre secondo il mio modesto parere, errato, perché questo già lo facevano nell’Ottocento. E’ solo un fatto quantitativo. Tale è il “canone occidentale”. Bella fu quella disputa tra noi sul post-moderno, magari se ne facessero oggi nelle università, ci sarebbe da divertirsi!

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  7. UN MIO POST (POCO MODERNO) - @Mitris La cultura post-moderna non ignora bellamente l'aldilà (la mia voleva essere una provocazione), ma forse ne ha dato una rappresentazione talvolta bizzarra e sfuggente. Del resto, i miei spunti non hanno la minima presunzione di essere categorici, ma solo un contributo al dibattito: mi dispiace, perciò, se non mi sono dimostrato preciso nell'intervenire.

    Sempre di più - lo sosteneva seppur “ingenuamente” e non su base scientifica la cultura anni '70 (alla quale “dharmicamente” si rifà anche Lost) - oggi si va sostenendo che il mondo è una questione di PERCEZIONE (confrontare l'enorme sviluppo degli studi psicologici scientifici in tal senso: c'è oggi nelle università chi di lavoro fa il “percettologo”). E c'è chi m'insegna - “esse est percepi” - che anche la storia della filosofia l'aveva già sancito.

    Concordo sul fatto che il post-moderno sia concluso e che siamo lanciati in una nuova epoca, basata su nuove sensibilità e nuove forme di costruzione della cultura.
    Meno, invece, concordo sull'opportunità di inserire Lost (scelta che comunque non mi dispiace per la passione che nutro verso di esso) in un canone.
    Sostengo ciò, non tanto per discutere l'idea di canone (lo stesso Lost con la sua “Greatest Hits” ha giocato a “fare le classifiche” e ha pescato nella scrittura della Serie da canoni estetici elevati) ma perché reputo Lost un'opera televisiva che dà poche risposte e che pone molte domande, ma solo allo scopo (entusiasmante e bello, per carità) di intrattenere.
    Un'opera “canonica”, a mio parere, non si limite ad intrattenere.

    Se Lost è o non è per tutti, lo decidono appunto i “tutti” (aggettivo/pronome comunque indefinito e troppo spesso indefinibile). E' vero: è un falso problema. Comunque "ha funzionato", tanto che la Serie non è stata cancellata alla seconda stagione come il presunto erede (per troppa suggestione mediatica e pubblicitaria) Flash-Forward.

    Il record di ascolto per un telefilm in America dovrebbe (ma se qualcuno è più aggiornato, grazie) appartenere ancora a M.A.S.H., ma siamo in un altra epoca televisiva.
    E' bello poter sognare di rinverdire tali primati, magari posando anche il nostro mattoncino nella circolazione intelligente delle idee (televisive e non).

    @Mitris Magari se ne facessero oggi nelle università!
    http://dharmaswanstation.files.wordpress.com/2009/08/the-lost-university.jpg

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  8. @ PopCorn,
    tu sei stato precisissimo, dispiace a me, semmai, se ho capito male! Quando ho scritto quelle cose pensavo - tra i tanti libri dei post-modernisti su Dio - anche a quando ero ragazzo e presenziai alla fondazione di un'importante rivista filosofico-telogica creata proprio da alcuni fra i massimi esponenti della cultura post-moderna.
    Per quanto riguarda "il canone". Non so perché tu fai una differenza tra "intrattenimento" e "un'opera canonica che non si limita a intrattenere". Le opere di Shakespeare volevano intrattenere e le andavano a vedere a teatro tutti, mica solo i filosofi. E anche Shakespeare pone più domande che risposte, perché rappresenta la condizione umana, fatta più di domande che di risposte. L'idea del "canone" è che esista un filo conduttore nella produzione culturale occidentale e che ci siano dei "pilastri" che la sorreggono, e che Lost sia uno di questi.

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  9. @Mitris E' solo una sensazione la mia e in verità ho apprezzato molto la tua risposta.

    Pensavo... forse perchè, come dicono quelli bravi, non c'è stato ancora il giusto tempo di "decantazione" (Dante e Shakespeare, tanto per rimanere ai pilastri citati da Bloom nel suo canone, subito furono visti come il fumo negli occhi da "puristi" e "critici" dell'epoca); forse perché i telefilm come Lost (ma non ce ne sono poi così tanti) sono visti dai non appassionati (anche in riferimento ai quali il canone deve valere per essere tale) come innovativi ma pure di nicchia e quasi di moda; forse perchè più di qualche amica mi ha fatto notare che parte della spinta innovativa e più genuina ha preso un largo giro nelle ultime stagioni; forse perchè c'è veramente tanta "carne al fuoco" e un tale mescolamento di filoni in Lost da perdersi; forse perché ciò che è canonico produce un modello da imitare e vedo Lost assai difficile da "riproporre"... insomma, pensavo!

    Tutto ciò non toglie merito alle grandi innovazioni portate dalla Serie e al suo essere apripista e guida nel linguaggio telefilmico.
    E poi infine, lo ribadisco, la tua risposta mi ha quasi persuaso.

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  10. Mi spiace fare la voce fuori dal coro ma non sono d'accordo. Lost, a mio parere, non può assumere un ruolo canonico. Indubbiamente ha saputo essere, all'interno del panorama televisivo, innovativo, energico, geniale ma ... data la singolarità e l'unicità, difficilmente andrà a ricoprire il ruolo di canone.
    Lost non è "iniziale" e non è "finale".
    Non può essere considerato "iniziale" perchè difficilmente indicherà un cammino da percorrere (qualcuno ha già tentato di percorrere questo cammino, il citato caso di Flashforward, ed è finita male).

    Non può essere "finale" perchè, pur attingendo a vari generi già sperimentati, non li ingloba del tutto e non li eleva a dimensioni superiori.

    Lost è Lost. Innovatore, sperimentatore, d'avanguardia ma unico e irripetibile.
    "Lost non ripete". Inizia e finisce con sè stesso. Ed è per questo che non può essere un modello.
    L"'autorità" del modello è comunque legata e sottoposta al consenso degli spettatori.
    E l'attuale posizione di Lost in fatto di consensi, è inutile negarlo, è sintetizzabile in: "hero to zero".
    Il motivo credo sia anche riconducibile al fatto che Lost, per primo, se ne infischia del canone! Utilizza il tema dei viaggi nel tempo ma non vuole essere una serie di viaggi nel tempo; utilizza il tema delle travagliate storie d'amore ma non vuole essere una serie "d'amore"; utilizza il tema del "channeling" ma non vuole essere una serie "channeling, etc, etc.
    Lost attinge e fa ciò che vuole.

    Lo spettatore rimane disorientato. Non riesce a percepire quel concetto d'innovazione.
    La qualità è indubbiamente altissima.
    Tale alto livello lo rende "per molti, ma non per tutti". Ho utilizzato appositamente un vecchio e snobissimo slogan pubblicitario anni '80.
    Perchè a ben vedere Lost è "snob". E questo lo rende "antipatico". E il mutevole consenso degli spettatori si è fatto sentire.

    Lost è un mirabile, per citare spiderman, mostro ... televisivo.
    Dati alla mano, Lost - Ratings Top 25 della settimana terminata con domenica 23 Maggio - si è piazzato in decima posizione. In quinta posizione si è piazzato il finale della sesta stagione di Grey's Anatomy.

    La qualità è sicuramente inferiore se paragonata a Lost ma ... anche Grey's Anatomy è, parafrasando spiderman, figlia del nostro tempo e del pensiero di questo tempo.
    E' un modello ed in quanto tale ... ha attinto dal passato, ha rielaborato ed infine ha indicato un nuovo cammino (lo spin-off Private Practice). E' un canone televisivo.

    Ed è per questo che ritengo (spero) che Lost non possa essere canone televisivo. Lost non è ripetibile ...

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  11. ... non ti devi dispiacere, guai se fossero tutti d'accordo! Anzi, grazie per aver impiegato tempo a leggere il mio post. Credo però ci sia una diversa lettura del concetto di "canone". Se qualcosa di canonico fosse ripetibile non sarebbe più tale, almeno per come la vedo. Per quanto riguarda la questione del modello, degli epigoni, del successo, di nuovi indirizzi, è tutto chiaramente da vedere. Io penso che Lost, per le sue caratteristiche, "rientri" nel "canone occidentale".

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  12. Ciao Mitris! Che dire ... i miei ricordi del "Canone Occidentale" mi hanno tradita!
    Ho basato il mio intervento sul fatto che Bloom (al di là della diatriba "perchè questo dentro e questo è rimasto fuori") indicasse opere che, nell'ambito della letteratura - appunto - occidentale, sono andate ad "appropriarsi" del ruolo "canonico" (in termini di qualità estetica). Opere innovative. Opere che hanno tracciato un cammino, plasmato altre opere ed infine generato intere scuole. Il canone è una regola. Per tal motivo ritengo che Lost non possa essere "canone". E', dal mio punto di vista, "eccezione".

    P.S. leggere, soprattutto interessanti interventi, è tempo sempre ben speso!!!

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  13. No, perché tradita dai ricordi, la questione è complessa quindi è facile non essere d'accordo. Magari sono solo interpretazioni diverse. Il canone non è tanto l'opera, quanto ciò che collega le varie opere. L'opera canonica è quella che rientra nel canone occidentale. Diversa è la questione se Lost rientri o no nel canone occidentale. Ma nel secondo caso la vedo dura con lo spirito del tempo e la roba diventerebbe ancora più complessa.

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