sabato 29 maggio 2010

L'altra vita di Daniel Faraday

Al discorso sviluppato sotto, vorrei aggiungere un contrappeso irrinunciabile, suggeritomi in gran parte dalla lettura e dal confronto d'idee sul forum italiano di Lostpedia, dove è stato messo in risalto un dettaglio che era incredibilmente sfuggito.

La luce che invade la chiesa all'apertura delle porte era forse così abbagliante da aver fatto perdere di vista a qualcuno la possibilità che la parte scientifico-razionale non dovesse venire necessariamente offuscata.

Ed ecco il dettaglio mancante: proprio il tanto citato (in passato) gatto di Schrödinger può servire a risolvere un'eventuale confusione della ragione.

Nell'intervento precedente, ho provato a descrivere lo scenario che segue la non-esplosione della bomba - lo scenario che ha portato all'isola come l'abbiamo conosciuta. I Losties, giungendo sul sito-Swan, hanno solo contribuito alla storia che volevano cambiare.
No, non è vero: la fisica quantistica permette di credere questo e il contrario di questo. Là, in prossimità di una fonte di intensa energia elettromagnetica, è possibile immaginare che un singolo evento si verifichi con due esiti diversi. La bomba non esplode, la bomba esplode.

E allora, è proprio come s'era pensato all'inizio: l'isola affondata vista nell'apertura della serie, non è altro che l'esito dell'esplosione della bomba. Da lì, si è generata una realtà alternativa, speculare a quella che noi spettatori conosciamo (di qui i continui riflessi dei protagonisti nello specchio), ovvero identica e insieme diversa da essa: stessi personaggi, in alcuni casi stessi ruoli, in altri diversi; ciò che conta, è che quasi tutti i destini sono cambiati, qui le vite dei "nostri" sono quasi tutte giunte a una forma di conciliazione, di realizzazione, di pace interiore. Ciò che non cambia mai, è che i loro cammini sono sempre - per una combinazione di coincidenze incredibile - destinati a incrociarsi.

Dall'esperimento, sappiamo che la scatola di Schrödinger, se non viene aperta, consente di fatto la coesistenza di due esiti diversi di uno stesso evento. E così, noi che seguiamo il punto di vista interno dei personaggi, abbiamo visto le due realtà dipanarsi parallelamente, entrambe REALI perché entrambe con lo stesso "diritto d'esistenza".
Tuttavia, se la scatola viene aperta, tale diritto viene meno, e il rapporto fra le due realtà passa da coesistenza effettiva a potenzialità reciproca. In poche parole: aperta la scatola, solo una delle due possibilità sarà visibile all'osservazione, l'unico criterio oggettivante. Dunque, solo una delle due possibilità sopravviverà.

Se già la natura oggettivante dell'occhio dello spettatore, per sua stessa inclinazione, tende di continuo verso il limite dell'apertura della scatola, nel momento in cui lo stesso fuoco dei personaggi inquadra lo stato delle cose, non c'è più modo di evitare l'apertura. Così Desmond, l'uomo in grado di sfruttare proprio l'energia EM per entrare in contatto con un altro tempo o persino un'altra dimensione, aprirà gli occhi (penso alle scene iniziali di molte puntate di Lost) e aprirà, lentamente, la scatola. Una volta visto cosa c'è sotto, sentirà il bisogno di mostrarlo a tutti.
Faraday, proprio lui, nella nuova realtà musicista tutto istinto e talento, preso da un attimo d'inconscia rimembranza, torna per qualche istante il fisico teorico che conoscevamo, si accorge egli stesso di "non appartenere a quella realtà", e ripropone uno schema rappresentativo di questa condizione.
Finché non c'è osservazione, entrambe le realtà sono ugualmente reali. E allora perché la cosiddetta ALT dovrebbe essere quella che verrà meno, che dovrà inabissarsi? Perché Faraday ritiene di essere fuori posto, là, proprio là dove tutti - tranne il povero Sayid - hanno trovato ciò che cercavano? E perché tutti, una volta aperti gli occhi e la scatola, una volta ricordata l'altra vita, sentono la necessità, se non il dovere, di "andarsene"?
Una spiegazione pseudorazionale: proprio l'autoconsapevolezza dei protagonisti dell'ALT, il loro essere gli "osservatori della scatola", li mette nella condizione di sentire la necessità di proseguire oltre, trovandosi in un paradosso esistenziale, o meglio trovandosi nella "prospettiva esterna" di osservatori.
Una spiegazione metanarrativa: un dovere "morale" verso la storia che abbiamo sempre seguito, alla quale ci siamo legati, alla quale sembrano incredibilmente più legati anche i personaggi dell'ALT, nel ricordarla, sebbene quella realtà, che è altrove, e nel ricordo, sia più dolorosa e difficile.
Probabilmente, a smuoverli è anche il ricordo della morte: e qui subentra, necessariamente e in maniera forse nemmeno invasiva, la componente mistica. Questo piano mistico si intreccia con quello scientifico, la realtà parallela è insieme un aldilà, in fondo l'aldilà, per definizione, non è che un altrove.
La visione/ricordo di un'altra vita, ma anche della morte in quella vita, spinge insieme a dover lasciare la realtà parallela, e ad andare oltre una condizione fatta solo di memoria, laddove ciò che è davanti agli occhi è sì reale, ma non ha più ragion (e cuor) d'essere, visto che ragione e sentimento sono entrambi, in un battito, anzi in un'apertura d'occhi, volati in un'altra realtà, la realtà che noi spettatori abbiamo seguito per sei anni: quella dell'isola di Lost.

giovedì 27 maggio 2010

La morte di Daniel Faraday

Mettendo da parte le discussioni emotive e tecniche sulla qualità del finale, non sarebbe poi così male provare a tornare sulla storia che abbiamo seguito per tanti anni. Alcune risposte che non sono state date, in fondo vengono da sé.

Con la scena trionfale della luce mistica che invade la stanza passando fra i due angioletti della chiesa, viene sancita, almeno in conclusione, la contemporanea sottoposizione della Scienza, che, proprio alla fine dei conti, si inchina alla Fede. Come a dire: quando finisce la vita in questo mondo, lì finisce anche ogni spiegazione del mondo stesso.

Su un piano concettuale, questo trionfo coincide anche con la sconfitta di Daniel Faraday: con la sua morte nella quinta serie, a conti fatti, era morto anche il lato scientifico di Lost. Da quel momento, i discorsi sul what happened, happened, sulle costanti e variabili, sui viaggi nel tempo, sul tempo quadridimensionale, e anche quello successivo (e solo potenziale) sulle realtà parallele sono tutti scomparsi con il loro portavoce. Purtroppo, è scomparso anche ciò che il parametro scientifico delle [variabili] rappresentava su un piano esistenziale: la lotta del libero arbitrio contro la cieca affermazione del Destino.

La quinta serie di Lost sembrava voler mostrare qualcosa: la Libera Scelta si inchina all’Ineluttabilità (del Destino se si pensa al presente, della course-correction se si pensa al futuro, anche qualora si sia in grado di pre-vederlo, del What Happened se si pensa a un passato che si prova a rimodellare), ma c’è una forza che potrebbe dare una spinta decisiva alla capacità umana di contrastare la sorte – questa forza sarebbe l’amore.
L’amore, che ha permesso a Jin e Sun di superare infiniti ostacoli; che ha permesso a Charlie di superare una morte prestabilita prima di sacrificarsi per la donna amata; che ha permesso a Jack e Kate di salvarsi la vita reciprocamente varie volte; che ha spinto Faraday a studiare i viaggi nel tempo, le costanti e le variabili; ma, soprattutto, che alla fine del percorso ha guidato ogni gesto di Juliet, con continui cambiamenti d’opinione e di scelta, fino a portarla sul luogo dell’incidente, tirandosi dietro tutta la banda, in primis l’amato James.

L'amore sembrava la chiave per aprire quella serratura impenetrabile costituita da una storia che s’era già fatta e che per questo, qualora fosse cambiata, avrebbe dovuto rappresentare un reset totale nelle vite degli artefici stessi di quel cambiamento. E anche in questa fase era un uomo di fede a portare avanti la battaglia scientifica contro il destino: Jack, l’uomo razionale per eccellenza, credeva ora ciecamente nella possibilità di cambiare il passato, in nome di un supposed to immotivabile e che nulla aveva di razionale e scientifico.
In questo momento, scienza e fede dunque convergevano in modo magnifico in una lotta non più fra la mente razionale e quella emozionale, bensì nella lotta maestosa dell’uomo contro il Destino, anch’esso in grado di racchiudere insieme scienza e fede, laddove rappresentava sia una Forza Superiore trascendente, che il naturalissimo processo secondo il quale l’Universo vuole stabilire le proprie regole ferree per mantenere il proprio equilibrio generale.

I colpi di Juliet sulla bomba sono stati gli ultimi istanti di questo sublime incrocio di prospettive. Ma riguardo l'esito di questo istante risolutivo, ogni soluzione sembrava introvabile, perché qualsiasi strada avrebbe creato troppe complicazioni.

La scena successiva, all’apertura della sesta serie, è stata l’aereo Oceanic 815 che sorvolava un’isola affondata. Sembrava proprio il compimento della vittoria della fede, del Libero Arbitrio, dell’Amore, della scienza “possibilista”, contro il bieco principio di conservazione dell’Universo. Ma dopo poco, eccoli tutti di nuovo lì, sull’isola, tutto come prima, da dove si era partiti. Vittoria e sconfitta insieme? Un pareggio fra Amore e Destino?

E allora si è pensato alle realtà parallele, al gatto di Schrödinger, alla possibilità, giustificata dalla fisica quantistica, dell’esistenza di più mondi, equivalenti e contemporanei, ma diversi. In molte cose addirittura speculari. Eventualmente generati da una stessa causa, con due conseguenze divergenti.
Alla fine, però, anche questa prospettiva ipotetica è stata smentita.

E allora cosa rimane? Rimane la sconfitta di Daniel Faraday: perché tutto è avvenuto così come sempre era avvenuto, così come doveva. E la sconfitta di tutti: le regole dell’Universo hanno prevalso sull’azione umana, sulla scelta umana, sull’amore umano. Lo spazio per la scelta, l’autoaffermazione, l’amore, è solo uno spaziotempo immaginario, o ultraterreno.

Ma allora – proviamo finalmente a ricostruire e ricollegare – cosa era successo veramente nella cornice di what happened? Proprio ciò che di più lineare, coerente e autoconclusivo si potesse immaginare:
i viaggiatori del tempo, loro nel periodo Dharma c’erano sempre stati, nessuno era un intruso della storia, tutti, i time-skippers e pure gli Ajira-4 avevano contribuito alla storia che aveva preceduto la loro stessa nascita e aveva condotto al contesto presente in cui si erano trovati dopo il crash sull'isola.
Vale a dire: la bomba era sempre stata portata alla stazione Swan, era sempre stata gettata nel pozzo, sempre inesplosa; Juliet era sempre precipitata giù, e i nostri erano sempre ritornati, con un ultimo skip di ristabilizzazione, al tempo cui appartenevano, una volta compiuto il compito e richiuso il cerchio; nel suo presente, poi, Juliet è morta, balbettando “it worked” perché già aveva visioni dello spaziotempo immaginario in cui, dopo la morte, i personaggi si ritroveranno e ricorderanno.

E sull’isola dei tempi Dharma? Semplice adesso ricollegare i pezzi: la bomba, rimasta sul fondo del pozzo, sarebbe stata utilizzata dagli scienziati della Dharma (Chang, e gli altri) per arginare la perdita. Come? Sarebbe stato cementificata l’area, e sarebbe stato costruito un sistema in grado di rilasciare piccole esplosioni dalla bomba a idrogeno, premendo un pulsante; si era calcolato che dopo 108 minuti senza alcun rilascio, l’incidente avrebbe riproposto i suoi effetti magnetici (infatti li vediamo sotto la Swan, negli anni 2000, uguali a come li vediamo esternamente alla stazione in fase di costruzione, negli anni '70), dunque era quello l'intervallo di tempo limite per la pressione; quando poi John Locke decide di non premere più il bottone, l’incidente riprende forma, e tutto sta per essere risucchiato nella falla, proprio come nell'episodio The Incident. Ma la Dharma ha costruito anche un sistema d’emergenza, la chiave fail-safe, che con ogni probabilità aziona la bomba in modo completo, lasciandola esplodere. Di conseguenza, l’interazione fra esplosione (controllata e canalizzata) e perdita di energia elettromagnetica genera un’implosione fortissima, che è quella che causa il colore violaceo del cielo e la distruzione della stazione Swan.

Ed ecco che l’incidente è definitivamente arginato. Ci si potrebbe chiedere: perché la Dharma non ha fatto esplodere la bomba? Per il timore, forse, di una conseguenza disastrosa. Il sistema failsafe sarebbe stata una misura estrema, per evitare una tragedia certa.

Forse allora qualcosa torna, e torna perfettamente. In alcuni casi non servono risposte esplicite per trovare una spiegazione. Eppure, quella lotta sublime che Jack, Faraday e Juliet portavano avanti, è un peccato averla vista scomparire così.

mercoledì 26 maggio 2010

Note di orientamento

Privo della presunzione di tracciare un riassunto o di offrire una chiave di lettura univoca circa le prime reazioni al finale, sento piuttosto il bisogno (come il papà di Miles, il simpatico dottore dai molti nomi nei filmati Dharma) di ringraziare Lost per aver orientato la mia vita di spettatore in queste sei stagioni. Grazie a Lost ho imparato a interlacciare il mio più o meno scarso bagaglio cultural-letterario, incamerato nella mia breve vita di lettore, alle conoscenze comuni di amici della prima e ultima ora, in una costruzione comunitaria della conoscenza che sa molto di moderno e di medievale allo stesso tempo.

Quindi, non potendo comparire in pellicola, cercherò di riportarvi ciò che di unanime mi è sembrato emergere in sede di commento da platee più o meno prestigiose, tutte comunque meritevoli di essere visitate e più o meno applaudite.


Una fine, in un modo o nell'altro, è stata scritta e anche il doppio congedo di “The End” ha confermato quanto questa serie tv abbia cambiato le regole e le modalità di narrazione telefilmiche.

La dimensione cooperativa Osservatori attenti - come gli autorevoli interventi di questo blog confermano – abbiamo cercato, in contemporanea agli spettatori di tutto il globo, di attingere risposte dall'Isola, creando teorie, cercando ora la via della fede, ora la via della scienza (ora la via dello spoiler), ma siamo ancora qui a discuterne...

La maieutica di Lost: scelta ponderata o di ripiego? Nodo spinoso che non ho la presunzione di sciogliere o di tagliare, rimane il fatto che Lost è probabilmente finito come doveva finire, ovvero in modo aperto e tutto sommato non ambiguo, confermando la tendenza a farci prima di tutto ragionare su quanto abbiamo visto, sposando l'indole di telefilm che crede primariamente al porre domande e al trasmettere suggestioni/emozioni, sfidando un destino che conduce tanto alla gloria di lodi sperticate quanto all'infamia da parte di chi alla fine non vede tornare tutti i conti (e non sa nemmeno sorridere all'idea che possa essere tutto un sogno di Vincent...).

Lostmania Comunque sia andata ... è Lostmania! A tal proposito, riferendomi all'omonimo sito web che mi permetto pubblicamente di ringraziare per l'ottimo lavoro svolto, ne traggo alcune annotazioni che hanno creato tale febbre, annotazioni: circa i legami che le persone hanno creato e che rimarranno eterni e per sempre; circa l'Isola quale luogo di conoscenza di se stessi e degli altri (!); circa i bei momenti di “epifania” di personaggi che nella "realtà alternativa" ritrovano tutte le loro connessioni, tutte molto emozionanti; circa la crescita e la sostanziale redenzione che vivono i protagonisti. Ma come per ogni cult di rispetto le domande inevase rimangono tante, con la storia (intesa come intreccio) che sembra essere stata messa sempre più da parte, finendo con l'apparire addirittura colpevolmente lacunosa, per puntare invece, come in un grande gioco di ruolo (il gioco molto più bello pubblicizzato da Locke?), sui personaggi e sulle loro relazioni e legami.

Il sacrificio finale Da Twin Peaks a Lost l'immolarsi per il bene degli altri, azione dai riflessi prettamente cristologici, sembra essere diventato un marchio di fabbrica. Del resto tutti i racconti che più o meno filosoficamente come il Vangelo (si badi, ci sono sia i sinottici sia il più filosofico Giovanni nel quale - lo ricorda Aldo Grasso sul Corriere citando Gv 18,14 – si sostiene che “è meglio che un uomo solo muoia per il popolo”) ricercano una chiave di lettura assoluta sulla vita e sulla morte finiscono quasi inevitabilmente per percorrere questa via sacrificale. Il finale sembra in tal senso intraprendere volutamente il cammino teosofico-paradisiaco anzichè quella apocalittico. Emozioni, ricordi di vita e di morte sono brillati nei nostri occhi come in quelli dei personaggi che abbiamo imparato a conoscere ed amare lungo la Serie. Dall'accogliente Chiesa aperta alla Luce, i “nostri eroi” si salutano e ci salutano per proiettarsi nell'Oltre, ma anche, un po' come fanno gli attori alla fine di uno show, per raccogliere lo sperato applauso, visto che l'Isola, prima di ricongiungerli grazie al sacrificio di Jack il Pastore e all'intermediazione di molti altri, li ha duramente messi alla prova. E con un magistrale coup de theatre ecco che addirittura il tempo e forse anche lo spazio vengono annullati.

Ancora incredulo, confesso che è stato il mio personaggio preferito, Desmond, il primo che dal profondo della botola, spinto dall'amore per Penny, mi ha fatto sperare in un finale così luminoso.


martedì 25 maggio 2010

Ha funzionato (?)

Onorato dalla presenza di cari e stimati compagni di viaggio dentro Lost in occasione della visione, rigorosamente collettiva, della doppia puntata finale, è ben presto scattata in me una domanda, che oltretutto ricalca una delle battute più gettonate dai nostri eroi negli ultimi tempi: "Ha funzionato" punto interrogativo (?).
Quasi inevitabilmente, vittima in questi giorni di qualche linea di febbre ma soprattutto dell'epidemia scatenata da sei Stagioni di Lost, non posso che muovermi su più piani di risposta!

SI, ha funzionato!
Anche noi spettatori, come in definitiva i protagonisti, ci siamo (ri)trovati in un grande salone per vivere l'ultimo atto di una allucinazione collettiva, sostanzialmente contemporanea a quella di tanti altri spettatori globali, riassaporando le emozioni più belle, quasi succhiando il midollo della Serie.

NO, non ha funzionato!
Le risposte promesse o semplicemente attese non sono di certo arrivate e, a ben vedere, i veri Losties siamo noi spettatori, persi nei meandri di una Serie spiazzante ed eternamente altra nel suo divenire, Serie che ha finito per raschiare il fondo del barile... del pozzo e dell'Isola! Quali novelli Fantozzi, saremo ab aeterno condannati a rigirare le scene madri da noi distrutte di questa ... boiata pazzesca!

FORSE ... il finale non ha tradito il senso del Viaggio e da un lato ha incarnato un desiderio, nemmeno tanto recondito, di dare senso di pienezza e autenticità al tempo del nostro vivere, dall'altro ha tentato di scacciare quel senso nichilistico della Morte, che - mi sembra di poter affermare - ci viene Cristianamente (C maiuscola, ovvero grazie all'intercessione di Christian Shepard) restituita in Lost come il dono di una consapevolezza superiore: anche nel caso di noi spettatori, l'attribuzione di senso/meaning c'è chi la realizza ("Ma siamo reali, papà?") prima, chi molto dopo, chi poco o per nulla.
FORSE ... abbiamo assistito al momento escatologico (della rivelazione finale) del così dibattuto (vedi i fortunatamente vivaci post precedenti) EPOS lostiano, quello nel quale giunge il tanto atteso chiarimento (la porta aperta sulla luce dell'Oltre) col Padre (incontro topico narrato dalla Bibbia a Star Wars si parva licet componere magnis).

IN DEFINITIVA, ci siamo misurati – e quasi spremuti oserei aggiungere - con una Serie dalla struttura narrativa fortemente d'impatto (potreste rileggere in tal senso il post di Virginia sulla letteratura potenziale), tramite cui l'Isola viene dipinta ("Picture a large large box") quale luogo (distopico più che utopico), dove tutto può accadere, ma primariamente quale passerella, traghetto, Limbo, luogo di transizione insomma, verso la Morte, nella riscoperta delle proprie (antichissime! esoteriche?) radici.
C'è poi, a mio modesto avviso, la necessità o per così dire l'obbligo morale di “fare i conti” con la propria vera identità, mostruosa o angelica che sia.
Forse tutti noi siamo da sempre scrutati, come Jack, dal Jacob di turno, quasi fosse anche lui un membro della Dharma in attesa del cambio.
Forse solo così la vita del tipo off Island (a prescindere dalle sue assai labili, mutevolissime e MOLTEPLICI COORDINATE SPAZIO-TEMPORALI) può sincronizzarsi con quella totalità (primigenia, innata, fatale?) scaturente dall'Amore che alberga solo in posti del tipo on Island, per permettere a TUTTI, vivi e/o morti, il proprio trapasso, inteso quale superamento del proprio mare e del proprio orizzonte, placando finalmente voci e sussurri.

L'iniziale aprirsi e il definitivo chiudersi, dopo sei lunghe e memorabili stagioni, dell'occhio di Jack il Pastore mi ha recapitato dall'Isola questo personalissimo message in a bottle: il GRANDE LOOP (The Circle, narrativamente e metanarrativamente parlando: battute, ruoli, personaggi, alchimie dharmiche e non, il tutto nel segno dell'intercambiabilità) che sembra caratterizzare questo posto così speciale va PROTETTO in ogni modo e il tappo eventualmente sturato va prontamente riposizionato, altrimenti il cerchio non si chiude e la Morte non porta ad una nuova Nascita, ma solo ad un triste e forse scontato bilancio, che ci rendiconta quanto l'Uomo arrivi, distrugga, combatta per poi congedarsi sempre nello stesso mo(n)do.
Con un po' di gusto per la suggestione, l'Uomo è chiamato, in questa tragica modernità, a riscoprire la sua missione di custode della Vita, di pastore... uno Shepard!

CUSTODIRE PER CREDERE sarebbe proprio un ottimo slogan per riempire il post scriptum delle mie ultime sempre più deliranti cartoline dall'Isola e addolcire l'amaro in bocca lasciato dall'assenza dei simpatici portoghesi ... questa volta, solo rottami sulla spiaggia!

venerdì 21 maggio 2010

Curiosity killed the cat!

Gli hacker shippano per la nostra coppia preferita d'autori!!!
Boutade a parte ... è stato lanciato un allarme sicurezza. Pare che parecchie pagine web, contenenti in teoria succose anticipazioni riguardanti il GRAN FINALE, siano in realtà mirror pages. Così, mentre si cercano informazioni riguardanti "The End", è possibile beccare un bel malware!!!

E' evidente (o forse no??? ) che l'intento fraudolento non abbia alcuna attinenza con Lost ma ... è curioso che proprio il web sia diventato "The Punisher". Un antieroe in difesa del lavoro del Gatto e della Volpe!!!

La fuga di notizie, in qualsiasi ambito, c'è sempre stata e sempre ci sarà. Così, nonostante i ripetuti appelli all'astenersi dallo spoilerare selvaggio (lo spoiler segue, comunque, le regole di domanda ed offerta), alcune anticipazioni son state divulgate.

Lostpedia - onde evitare che qualche buontempone infilasse, in alcune pagine, qualche spoiler - ha inibito il processo di editing agli utenti che si son registrati dopo una determinata data.
I giornali ed i siti d'informazione sono stati molto attenti nel riportare la notizia riguardante le famose pagine pubblicate da Macchianera (in passato non è sempre stato così. Quindi si è immolato mio marito. Ha letto prima lui l'articolo apparso sul Corriere. Dopo il via libera - luce verde: è spoiler free - ho letto anch'io!)

Confesso che in passato ho letto spoiler.

Quando iniziavano a girare voci in merito alla morte di qualche personaggio importante. Regolarmente, nelle ipotesi presenti nei vari forum, veniva dato per spacciato il mio adorato Sawyer. E se così fosse stato ... dovevo esser preparata! (ragazzi, è bello analizzare, discutere, ipotizzare ma ... francamente anche l'occhio vuole la sua parte! eh eh eh)
La morte di Mr.Friendly me la son bruciata in questo modo.

Oppure, in un periodo non sospetto (era una fine d'agosto) avevo letto un articolo sul blog di Darkufo. Non pensavo che ad agosto potessero girare spoiler megagalattici e soprattutto mai avrei immaginato che potesse arrivare dalla Sig.ra Dos Santos!!! Invece mi sbagliavo. Mi son bruciata così la sopresa del morto nella bara!!! Ad agosto ovviamente non avevo dato peso alla cosa ma quando iniziarono a girare strane voci riguardanti l'identità del morto nella bara ... cominciai a ripensare a quell'assurdo articolo e "vuoi vedere che il morto è veramente Locke?". Bingo! Altra sopresa bruciata!

Per non parlare degli amici "rana dalla bocca larga"e pure accaniti cacciatori di spoiler. Un connubio spaventoso! Li devi evitare come la peste. Sono quelli che parlando del tempo, come un fulmine a ciel sereno, ti infilano una frase bastarda "ahh, lo sai che il morto nella bara è Locke?" (questa la sapevo già, per fortuna!)


Ma ... cercare spoiler riguardanti il GRAN FINALE, a pochi giorni dal GRAN FINALE ... è da veri stupidi!
Curiosity killed the cat e, in questo caso, credo nessuno possa dire satisfaction brought it back!!!


martedì 18 maggio 2010

Essere giusti con Lost

Alla fine di un'Opera, sia essa di una vita o di poco più di un lustro, è inevitabile farci i conti; una volta che se ne è metabolizzato il linguaggio, risulta anche più facile guardarla con un certo distacco, coglierne i pregi e i difetti.


Ricordo che da studente universitario ascoltavo con una certa passione i dibattiti tra persone di una o due generazioni più grandi di me, che un tempo erano stati dei fedeli seguaci di Freud e di Marx e che, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, avvertivano, in un modo o nell'altro, la crisi di quei modelli di pensiero. Di solito, i più accesi detrattori erano quelli che prima ne erano stati i più forti sostenitori. A posteriori, è indubbio che Freud e Marx abbiano detto un mucchio di cazzate, ma è altrettanto vero che hanno indicato una via. Benché oggi quasi nessuno più si dichiari freudiano o marxista puro, ciascuno di noi continua a fare i conti con l'inconscio (con i pensieri e le emozioni non consapevoli, non tematizzate) e col desiderio di una società più egualitaria.

Il punto, secondo me, è che quando si scrive, quando si compie un'Opera, è difficile, se non impossibile, essere coerenti.


Hawking, forse il più influente fisico vivente, il quale ha speso gran parte della sua vita a pensare e a descrivere un universo senza Dio, ha dovuto all'ultimo reintrodurre il concetto filosofico-teologico di eternità; come a dire: "la fisica fornisce i dati, la filosofia e la teologia cercano il senso". Questo non significa che Hawking abbia qualche volta ammesso l'esistenza di Dio, ma è sintomo che, a un certo punto, la sua ricerca sul destino dell'universo - in parte condotta assieme a Roger Penrose - sia entrata in corto circuito: la figlia ribelle (la fisica) chiede aiuto ai genitori (filosofia e teologia).


Hegel, forse il più grande filosofo dell'Ottocento, è incoerente se si confrontano la Fenomenologia dello Spirito e il sistema della Logica. La prima è orientata verso la differenza, il secondo verso l'identità. Non per questo Hegel smette di esercitare il suo effetto sul pensiero contemporaneo.


Heidegger, forse il più grande filosofo del Novecento, inizia la sua opera sulla falsariga del maestro Husserl, seguendo cioè l'idea di una filosofia come scienza oggettiva, per finirla sulle orme di Meister Eckhart. Wittgenstein, allo stesso modo, probabilmente il più grande logico del XX secolo, non è esente da approdi mistici.


Agostino, ultimo grande filosofo e teologo dell'antichità, inizia sotto la bandiera del neoplatonismo, per finire con l'essere il primo vero dogmatico della Chiesa (a proposito, anche Papa Ratzinger dice una cosa a Roma e poi praticamente il contrario a Parigi!).


Gli esempi si potrebbero riprodurre all'infinito nelle più svariate materie. Voglio dire: non è giusto valutare-giudicare un'opera dalla sua coerenza interna. E se questo vale per le grandi opere, vale a maggior ragione per le piccole. Sia chiaro che il mio ragionamento crollerebbe subito se si trattasse di un film, dove la coerenza narrativa è la prima cosa da guardare.


Lost ci ha abituato alla grandezza di FBYE, alla costante e alla variabile, al sogno di tornare indietro nel tempo e di cambiare le nostre scelte e quelle dell'umanità. Ci ha insegnato che è possibile stare comodamente in poltrona e guardare scorrere immagini che richiamano simultaneamente temi profondi del pensiero occidentale e orientale. Ci ha insegnato, soprattutto, a pensare il cinema e la televisione in maniera più complessa. Prima di Lost c'erano film o telefilm storici, drammatici, comici, filosofici, scientifici, fantascientifici, gialli, avventurosi, sociologici, politici etc., adesso sappiamo che tutto questo - che finora era distinto - è realizzabile in un unico prodotto.


Lost has changed the rules.


Lost, al di là degli errori e delle incoerenze, ha cambiato le regole del gioco.


giovedì 13 maggio 2010

Sette contro Tebe

Una guerra fratricida. E' quello a cui stiamo assistendo - meglio, partecipando - al di qua e al di là dello schermo, durante queste ultime puntate di Lost. Non è un caso infatti che proprio in occasione di Across the sea sia defintivamente esplosa la polemica che ha visto affrontarsi, con toni via via più accesi, i sostenitori di Lost e i suoi detrattori più o meno dell'ultima ora, lungo questa sesta e ultima stagione.
Proprio mentre due fratelli si affrontano senza esclusione di colpi, per il senso da dare a quell'Isola che li ha visti nascere, così la community di Lost vede prendere una piega irreversibile al dibattito tra chi ritiene la serie un capolavoro - e che tale rimanga, anche in una stagione enigmatica come questa - e chi, magari dopo anni di devozione, si sente preso in giro e non esita a manifestare la propria frustrazione, anche attraverso attacchi a coloro con i quali ha percorso fraternamente il viaggio fino a qui.
Lost è stato sempre leggibile a più livelli, anche quello più semplicemente avventuroso, senza necessitare di un background specifico per goderne la fattura e la capacità di avvincere. Ora, forse mai come in questo episodio può essere capitato di pensare che per capirlo meglio - e non liquidarlo come una narrazione banale e kitsch - occorresse una formazione classica. Perché Across the sea è un cristallino esemplare di tragedia, in senso classico. C'è tanto Eschilo, per dire: ai più avveduti è venuta in mente la storia di Eteocle e Polinice, figli di Edipo, ma in generale è la miglior manifestazione televisiva dello spirito tragico - con tutto quanto di matricida, fratricida, filicida esso comporta, con tutta la ricerca di senso, continua, frustrata e infine disperata, che esso rappresenta.
Comodo sarebbe liquidare il disappunto dei detrattori come un caso di uva irraggiungibile dalla volpe, e quindi dichiarata acerba. D'altra parte, hanno buon gioco i detrattori nell'identificare con la Madre reticente, quando non mentitrice, gli stessi Autori di Lost. Si potrebbe rispondere, a chi ritiene che la narrazione abbia preso la piega dell'americanata, che forse a Roma, un paio di millenni fa, c'era chi bollava le tragedie come la solita robaccia dei greci, oppure che quelli che ci paiono stereotipi sono invece archetipi. Non tutti, del resto, hanno la possibilità o la voglia di esercitare la keatsiana capacità negativa, e dunque è necessario ammetterne come legittimo lo scoramento.
Ma il tutto sarebbe vano, perché ormai - come in ogni tragedia che si rispetti - gli eventi precipitano: la community si sfalda, perde i pezzi senza che chi la anima possa nulla rispetto a questa accelerazione, rispetto alla polarizzazione ed esasperazione delle posizioni. Che forse sono il più grande successo metanarrativo di quest'opera, che ha saputo descrivere sempre in anticipo, attraverso i propri personaggi, l'effetto che avrebbe avuto sul proprio pubblico. In altre parole, questa conclusione di Lost è triste e dolorosa, non solo per le vicende messe in scena, ma anche per ciò che hanno scatenato al di qua della quarta parete. E nulla possiamo: non ci resta che accettare - tragicamente - questo destino.

giovedì 6 maggio 2010

History repeating

The word is about, there's something evolving,
whatever may come, the world keeps revolving ...

some is good, some is bad
and the joke is rather sad,
that its all just a little bit of history repeating
and I've seen it before
and I'll see it again
yes I've seen it before
just little bits of history repeating

Ieri sera ho visto ripetersi la storia attraverso determinate combinazioni.

Partiamo dalle gabbie.
Nuovamente imprigionati. Sawyer riesce a rubare un fucile ma Kate si fa prendere (Widmore, in questa combinazione, ha preso il posto di Juliet). Qualcuno rischia di morire e bisogna fare una scelta ... E la fuga dalle gabbie riesce, in entrambe le combinazioni, grazie all'intervento di Jack.

Il sottomarino, Locke, Jack e il C4.
Anche in questa combinazione la storia si ripete. Tocca sempre a Jack scoprire il dannato connubio Locke-C4. Il sottomarino non è mai stato e non sarà mai la via di fuga. Non per i nostri.

Cercano di fuggire dall'isola e qualcuno viene colpito alla spalla sinistra.
Nella precedente combinazione era toccato a Sawyer (colpito da Tom, un Other), ora tocca a Kate (da un uomo di Widmore, ex capo Other).

Tre minuti.
E' il tempo concesso per prendere, ancora una volta, una decisione che si rivelerà essere sbagliata.

Il dilemma della bomba.
Jack, per la seconda volta, chiede a Sawyer di fidarsi. Ma Sawyer, memore della prima esplosione, non riesce a fidarsi ... e così, involontariamente, diventa lui stesso causa di ciò di cui aveva incolpato Jack: la morte di persone amate. La combinazione si è ripetuta. Nella precedente Jack pensava di salvarsi e salvare i suoi amici (utilizzando Jughead), in questa Sawyer pensa di salvarsi e salvare i suoi amici (tentando di disinnescare la bomba).

Una bomba, una situazione sott'acqua e qualcuno che si sacrifica.
In precedenza il sacrificio era toccato in sorte a Charlie ed ora è il turno di Sayid. Però Sayid era già morto da tempo, era morto dentro. Sayid, come Michael in precedenza, sapendo di esser passato dalla parte sbagliata della barricata ... decide di farsi esplodere perchè altri possano salvarsi.

Lo straziante addio tra due persone legate da affetto.
Desmond e Charlie, legati da amicizia. Jin e Sun, legati da profondo amore. Abbiamo visto le loro mani - senza vita - fluttuare ... come abbiamo visto fluttuare - senza vita -Charlie.

Jin e una bomba.
Si era salvato dall'esplosione sulla Kahana. Qualcuno gli ripete di andarsene ma ... Jin però questa volta non andrà da nessuna parte. Jin, in questa combinazione, decide di morire insieme all'amata moglie. Anche in questo caso si sarebbe potuto salvare. Ma questa scelta avrebbe significato rivivere la perdita dell'amata moglie. Il destino di Sun, comunque, era segnato. Lo aveva detto Charlotte, ricordate? Disse a Jin "Don't let them bring her back, this place is death" . Charlotte aveva visto il futuro? Quindi il Kwon, candidato, da proteggere era Jin in quanto il destino di Sun era segnato?

Ci sarebbe tanto altro da dire, tante altre combinazioni da analizzare (ad esempio Locke e Jack flashsideways) ma ... questo episodio mortale mi ha confusa ... è l'isola che ha finito con loro oppure sono loro ad aver finito con l'isola? E, soprattutto, cosa devo aspettarmi di rivedere?

Lettori fissi