sabato 29 maggio 2010

L'altra vita di Daniel Faraday

Al discorso sviluppato sotto, vorrei aggiungere un contrappeso irrinunciabile, suggeritomi in gran parte dalla lettura e dal confronto d'idee sul forum italiano di Lostpedia, dove è stato messo in risalto un dettaglio che era incredibilmente sfuggito.

La luce che invade la chiesa all'apertura delle porte era forse così abbagliante da aver fatto perdere di vista a qualcuno la possibilità che la parte scientifico-razionale non dovesse venire necessariamente offuscata.

Ed ecco il dettaglio mancante: proprio il tanto citato (in passato) gatto di Schrödinger può servire a risolvere un'eventuale confusione della ragione.

Nell'intervento precedente, ho provato a descrivere lo scenario che segue la non-esplosione della bomba - lo scenario che ha portato all'isola come l'abbiamo conosciuta. I Losties, giungendo sul sito-Swan, hanno solo contribuito alla storia che volevano cambiare.
No, non è vero: la fisica quantistica permette di credere questo e il contrario di questo. Là, in prossimità di una fonte di intensa energia elettromagnetica, è possibile immaginare che un singolo evento si verifichi con due esiti diversi. La bomba non esplode, la bomba esplode.

E allora, è proprio come s'era pensato all'inizio: l'isola affondata vista nell'apertura della serie, non è altro che l'esito dell'esplosione della bomba. Da lì, si è generata una realtà alternativa, speculare a quella che noi spettatori conosciamo (di qui i continui riflessi dei protagonisti nello specchio), ovvero identica e insieme diversa da essa: stessi personaggi, in alcuni casi stessi ruoli, in altri diversi; ciò che conta, è che quasi tutti i destini sono cambiati, qui le vite dei "nostri" sono quasi tutte giunte a una forma di conciliazione, di realizzazione, di pace interiore. Ciò che non cambia mai, è che i loro cammini sono sempre - per una combinazione di coincidenze incredibile - destinati a incrociarsi.

Dall'esperimento, sappiamo che la scatola di Schrödinger, se non viene aperta, consente di fatto la coesistenza di due esiti diversi di uno stesso evento. E così, noi che seguiamo il punto di vista interno dei personaggi, abbiamo visto le due realtà dipanarsi parallelamente, entrambe REALI perché entrambe con lo stesso "diritto d'esistenza".
Tuttavia, se la scatola viene aperta, tale diritto viene meno, e il rapporto fra le due realtà passa da coesistenza effettiva a potenzialità reciproca. In poche parole: aperta la scatola, solo una delle due possibilità sarà visibile all'osservazione, l'unico criterio oggettivante. Dunque, solo una delle due possibilità sopravviverà.

Se già la natura oggettivante dell'occhio dello spettatore, per sua stessa inclinazione, tende di continuo verso il limite dell'apertura della scatola, nel momento in cui lo stesso fuoco dei personaggi inquadra lo stato delle cose, non c'è più modo di evitare l'apertura. Così Desmond, l'uomo in grado di sfruttare proprio l'energia EM per entrare in contatto con un altro tempo o persino un'altra dimensione, aprirà gli occhi (penso alle scene iniziali di molte puntate di Lost) e aprirà, lentamente, la scatola. Una volta visto cosa c'è sotto, sentirà il bisogno di mostrarlo a tutti.
Faraday, proprio lui, nella nuova realtà musicista tutto istinto e talento, preso da un attimo d'inconscia rimembranza, torna per qualche istante il fisico teorico che conoscevamo, si accorge egli stesso di "non appartenere a quella realtà", e ripropone uno schema rappresentativo di questa condizione.
Finché non c'è osservazione, entrambe le realtà sono ugualmente reali. E allora perché la cosiddetta ALT dovrebbe essere quella che verrà meno, che dovrà inabissarsi? Perché Faraday ritiene di essere fuori posto, là, proprio là dove tutti - tranne il povero Sayid - hanno trovato ciò che cercavano? E perché tutti, una volta aperti gli occhi e la scatola, una volta ricordata l'altra vita, sentono la necessità, se non il dovere, di "andarsene"?
Una spiegazione pseudorazionale: proprio l'autoconsapevolezza dei protagonisti dell'ALT, il loro essere gli "osservatori della scatola", li mette nella condizione di sentire la necessità di proseguire oltre, trovandosi in un paradosso esistenziale, o meglio trovandosi nella "prospettiva esterna" di osservatori.
Una spiegazione metanarrativa: un dovere "morale" verso la storia che abbiamo sempre seguito, alla quale ci siamo legati, alla quale sembrano incredibilmente più legati anche i personaggi dell'ALT, nel ricordarla, sebbene quella realtà, che è altrove, e nel ricordo, sia più dolorosa e difficile.
Probabilmente, a smuoverli è anche il ricordo della morte: e qui subentra, necessariamente e in maniera forse nemmeno invasiva, la componente mistica. Questo piano mistico si intreccia con quello scientifico, la realtà parallela è insieme un aldilà, in fondo l'aldilà, per definizione, non è che un altrove.
La visione/ricordo di un'altra vita, ma anche della morte in quella vita, spinge insieme a dover lasciare la realtà parallela, e ad andare oltre una condizione fatta solo di memoria, laddove ciò che è davanti agli occhi è sì reale, ma non ha più ragion (e cuor) d'essere, visto che ragione e sentimento sono entrambi, in un battito, anzi in un'apertura d'occhi, volati in un'altra realtà, la realtà che noi spettatori abbiamo seguito per sei anni: quella dell'isola di Lost.

7 commenti:

  1. Vorrei aggiungere che anche la fatidica frase di Christian, che dice a Jack che quello che vede è frutto dell'opera collettiva delle persone che si sono radunate in chiesa, mantiene l'ambiguità e concede la spiegazione scientifica accanto a quella solo mistica: nulla vieta di pensare che Christian si riferisca proprio all'episodio di Jughead, davvero frutto della cooperazione di tutti, momento epico e gesto assolutamente collettivo.

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  2. C’ERA DUE VOLTE UN’ISOLA…

    La scelta del punto di osservazione è fondamentale per seguire, con più o meno gratificazione, una Serie come Lost.
    La scrittura del telefilm ha molto a che fare con una storia che ne genera molte altre, sotto molteplici aspetti: spaziale, temporale e narrativo.
    In tal senso questa non è una novità, come non lo è nemmeno vedere Jacob (ma anche la madre, violentemente adottiva) intento in più circostanze a tessere e filare: quell’occupazione è almeno fin dalle Metamorfosi di Ovidio (opera "aere perennius", più duratura del bronzo”, avente anch’essa la presunzione, un po’ come Lost, di spiegare l’origine di molte “realtà terrene e celesti”) la cifra stilistica, per eccellenza, della NARRAZIONE. Narrare è filare, ossia tessere una TRAMA.

    Lost (perduto) è termine che ben sintetizza lo stato d’animo di chi vuole legittimamente (magari con poco successo) assumere un punto di vista unico e risolutivo. Questo non vuol dire però rinunciare alla spiegazione o come fa egregiamente Rambaldo a recuperare il giusto equilibrio nella defininizione di scienza e fede: molto belli e (come direbbe Faramir) “da antologia” gli ultimi due post.
    A ben vedere, tutti i personaggi principali che si erano “perduti” sull’Isola alla fine si ritrovano, quasi a dirci che la sostanza della Narrazione l’hanno fatta soprattutto loro, più degli Autori o di esigenti Spettatori, comparendo al nostro occhio in spazi e tempi ugualmente diversi e contemporanei, anche laddove razionalmente non dovrebbero essere, cioè nel loro passato, magari a generarlo. Cosa chiedere di più ad una storia di intrattenimento? Di essere logica e rigorosa?
    E’ stata scelta invece volutamente (magari non dal pilot, meglio “non metter(ci) la mano sul fuoco”) un’altra via: il “paradosso logico” diventa così una formidabile (e innovativa) occasione di RACCONTO, che si alimenta anche di paradossi scientifici, financo i più celebri, scomodando addirittura, secondo gli osservatori più attenti, la fisica quantistica.

    E vissero tutti... cercando ancora un’altra spiegazione... no... contenti di non aver aperto la scatola, appagati di avervi solo sbirciato dentro.

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  3. Rambaldo, non mi convince. A differenza del tuo precedente post sulla morte di Faraday e sul conseguente trionfo del "Whatever happened, happened", questa lettura quantistica della Alt mi sembra forzata e non aderente a ciò che ci è stato rappresentato. Prima di tutto il gatto di Schrödinger presuppone un osservatore esterno, unico soggetto in grado di determinare la realtà o meno di eventi solo probabili fino a quando non siano osservati. In questo caso, invece, gli osservatori sarebbero gli stessi losties interni alla scatola, e questo è un paradosso. In secondo luogo c'è il problema del figlio di Jack.In questa realtà David viene spiegato come una creazione di Jack, non "reale". Compreso che era solo frutto della sua fantasia, o meglio del suo bisogno di risolvere il ruolo genitoriale, Jack non lo cerca più ed accetta di entrare in chiesa alla reunion con gli altri losties. Se David fosse stato "reale", frutto di una vera e propria biforcazione della timeline originaria, non poteva sparire nel nulla. Ancora, guardiamo le condizioni di Locke e Sun.Sun è stata sparata, ma nel giro di poche ore è già in piedi ad abbracciarsi con Jin; Locke ha subito un intervento importantissimo alla spina dorsale, eppure anche lui è in piedi già al risveglio dall'anestesia, praticamente illeso e con le gambe perfettamente funzionanti. Se questa non fosse una dimensione post-mortem, tutti questi avvenimenti sarebbero impossibili.Lo stesso Christian, a domanda del figlio, risponde che sono in un luogo in cui "l'adesso" non esiste, ovvero in una dimensione atemporale.Il dialogo tra Jack e Christian, la cui chiarezza è esemplare, scioglie l'arcano:

    Christian: Questo è un posto che avete creato insieme tutti voi in modo da potervi ritrovare. (I Fs)
    La parte più importante della tua vita è stata quella che hai trascorso con queste persone, è per questo che siete tutti qui. Nessuno ce la fa da solo, Jack. Hai avuto bisogno di tutti loro e loro hanno avuto bisogno di te.
    Jack: Per fare cosa?
    Christian: Per ricordare e per lasciarselo alle spalle.
    Jack: Kate ha detto che stiamo per andare via.
    Christian: No. Non è un andare via. E' un andare avanti.
    Jack: Per andare dove?
    Christian: Scopriamolo.

    Capisco il desiderio di voler a tutti i costi recuperare Faraday, ma questo è il finale che ci hanno voluto dare.
    Faraday è stato comunque importante, per tante altre questioni in Lost, ma il passato abbiamo scoperto che è immodificabile. Eloise aveva ragione. Il senso del finale, a mio modo di vedere, è che invece si possano comunque risolvere le questioni irrisolte che ci hanno fatto soffrire. Ma non immaginando reset della nostra vita, bensì accettandola e recuperando il senso della nostra storia, comprendendo cosa è stato veramente importante, per poi lasciarlo anche andare e passare "oltre". Mi piace pensare che quell'oltre non sia il paradiso.. ma queste sono preferenze personali.

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  4. In effetti, secondo me, ha ragione brunella. La fisica quantistica e la religione, in questo, come in altri casi, non si sposano bene. La fisica quantistica e l'anima, finora, vanno poco d'accordo. Il finale che gli autori ci hanno proposto non è di tipo scientifico. La fisica quantistica, per quel poco che ho capito, nega totalmente una dimensione identitaria (anima) post-mortem. Questo, se vogliamo, è anche il centro della disputa tra me e Vito Mancuso, che mi onora del suo dialogo. Il problema posto alla fine da LOST - e per questo è un’opera e non solo un TF - è quello del senso della storia individuale e collettiva. Il senso - la cosa sia condivisibile o no - è “ab aeterno”.

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  5. Senza scomodare il CNER per giungere ad una spiegazione del finale di lost vorrei fare un parallelo con il film la Passione di Cristo di Gibson...In quel film c'erano fonti di cognizione precise,anni di ricerche su costumanze e lingua utilizzata 2000 anni fa,c'era una storia precisa traslata in modo ortodosso,c'erano il latino e l'aramaico ed i personaggi studiati nei minimi dettagli,il diavolo era perfettamente interpretato e molto convincente.
    Un capolavoro senza nessun'ombra di dubbio...ed anche se il Vaticano,gli ebrei i mussulmani si sono indignati ed hanno speso fiumi d'inchiostro per scoraggiarne la visione a molti spettatori ancora fanno male quelle frustate!!!
    Lost è una "simulazione" che nel linguaggio corrente vuol dire fingere!!! Il perchè molti di noi lo sanno benissimo,15 milioni di spettatori per l'ultimo episodio,lost mania in molti paesi del mondo,tanta gente da non scontentare ma il messaggio???
    A distanza di una settimana dalla levataccia di lunedì scorso cosa ci resta???
    Teorie filosofiche ,fisiche e metafisiche,"it's about bible matter"rispondono imbarazzati alcuni attori intervistati negli usa,"or maybe not".
    Continuano a giocare ancora sul senso del finale...intanto piovono soldi,ospitate ecc...ma il messaggio????
    E' lasciato al libero arbitrio di ogni spettatore....ma chi costruisce una casa,scrive un libro,fa un piatto di lasagne mette dentro il suo gusto e le sue idee non deve accontentare la platea ,crea pensando a soddisfare se stesso...o no???
    Scusate se riporto il ragionamento ai fatti,sarà deformazione professionale,ma a mio avviso se si crea un opera bisogna che chi ne fruisce intenda il messaggio perchè è quello l'anima dell'opera!
    Giocare a creare un moderno Cristo e poi fare finta che sia altro lo trovo irrispettoso e anche sciocco,e siccome non mi ritengo sciocca
    chiudo citando il buon Shakespeare che avrebbe intitolato Lost "Molto rumore per nulla"!

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  6. Lorena, davvero non ti seguo.
    L'essenza di Lost è sempre stata la duplice lettura, filosofica e scientica, della gran parte degli eventi e dei misteri narrati. Lost non ha mai finto di essere altro, nè ha mai privilegiato un'interpretazione; anzi, più che in contrapposizione, spesso le due letture sono state complementari. A mio avviso la spiegazione solo "spirituale" dell'Alt " convive con la scienza dei viaggi nel tempo, le sacche elettromagnetiche, le stazioni dharma, i numeri etc.
    Ci si aspettava veramente un finale in cui tutto venisse spiegato? Non sarebbe stato Lost.
    Inoltre la gran parte delle domande ha avuto risposta, non ci sono stati buchi tali da rendere impossibile la comprensione della visione. Alcune vicende non sono state approfondite, verissimo, ma alla fine il grosso è stato spiegato. Ad esempio non ci è stata spiegata la scena della canoa, ma possiamo anche farne a meno nell'economia complessiva dell'opera. mi spingo oltre e affermo che, a ben guardare, tutto torna.
    Può non tornare come si desiderava, ma questo è un altro discorso.

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  7. brunella, la spiegazione spirituale, letteralmente, convive con quella scientifica, nel senso che la narrazione dell'opera, presa nel suo complesso, è l'una e l'altra cosa. Da un punto di vista estetico tutto torna. Ma se solo ci addentriamo nella struttura logica dei contenuti, non torna più niente.

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