martedì 18 maggio 2010

Essere giusti con Lost

Alla fine di un'Opera, sia essa di una vita o di poco più di un lustro, è inevitabile farci i conti; una volta che se ne è metabolizzato il linguaggio, risulta anche più facile guardarla con un certo distacco, coglierne i pregi e i difetti.


Ricordo che da studente universitario ascoltavo con una certa passione i dibattiti tra persone di una o due generazioni più grandi di me, che un tempo erano stati dei fedeli seguaci di Freud e di Marx e che, tra la fine degli anni Ottanta e l'inizio dei Novanta, avvertivano, in un modo o nell'altro, la crisi di quei modelli di pensiero. Di solito, i più accesi detrattori erano quelli che prima ne erano stati i più forti sostenitori. A posteriori, è indubbio che Freud e Marx abbiano detto un mucchio di cazzate, ma è altrettanto vero che hanno indicato una via. Benché oggi quasi nessuno più si dichiari freudiano o marxista puro, ciascuno di noi continua a fare i conti con l'inconscio (con i pensieri e le emozioni non consapevoli, non tematizzate) e col desiderio di una società più egualitaria.

Il punto, secondo me, è che quando si scrive, quando si compie un'Opera, è difficile, se non impossibile, essere coerenti.


Hawking, forse il più influente fisico vivente, il quale ha speso gran parte della sua vita a pensare e a descrivere un universo senza Dio, ha dovuto all'ultimo reintrodurre il concetto filosofico-teologico di eternità; come a dire: "la fisica fornisce i dati, la filosofia e la teologia cercano il senso". Questo non significa che Hawking abbia qualche volta ammesso l'esistenza di Dio, ma è sintomo che, a un certo punto, la sua ricerca sul destino dell'universo - in parte condotta assieme a Roger Penrose - sia entrata in corto circuito: la figlia ribelle (la fisica) chiede aiuto ai genitori (filosofia e teologia).


Hegel, forse il più grande filosofo dell'Ottocento, è incoerente se si confrontano la Fenomenologia dello Spirito e il sistema della Logica. La prima è orientata verso la differenza, il secondo verso l'identità. Non per questo Hegel smette di esercitare il suo effetto sul pensiero contemporaneo.


Heidegger, forse il più grande filosofo del Novecento, inizia la sua opera sulla falsariga del maestro Husserl, seguendo cioè l'idea di una filosofia come scienza oggettiva, per finirla sulle orme di Meister Eckhart. Wittgenstein, allo stesso modo, probabilmente il più grande logico del XX secolo, non è esente da approdi mistici.


Agostino, ultimo grande filosofo e teologo dell'antichità, inizia sotto la bandiera del neoplatonismo, per finire con l'essere il primo vero dogmatico della Chiesa (a proposito, anche Papa Ratzinger dice una cosa a Roma e poi praticamente il contrario a Parigi!).


Gli esempi si potrebbero riprodurre all'infinito nelle più svariate materie. Voglio dire: non è giusto valutare-giudicare un'opera dalla sua coerenza interna. E se questo vale per le grandi opere, vale a maggior ragione per le piccole. Sia chiaro che il mio ragionamento crollerebbe subito se si trattasse di un film, dove la coerenza narrativa è la prima cosa da guardare.


Lost ci ha abituato alla grandezza di FBYE, alla costante e alla variabile, al sogno di tornare indietro nel tempo e di cambiare le nostre scelte e quelle dell'umanità. Ci ha insegnato che è possibile stare comodamente in poltrona e guardare scorrere immagini che richiamano simultaneamente temi profondi del pensiero occidentale e orientale. Ci ha insegnato, soprattutto, a pensare il cinema e la televisione in maniera più complessa. Prima di Lost c'erano film o telefilm storici, drammatici, comici, filosofici, scientifici, fantascientifici, gialli, avventurosi, sociologici, politici etc., adesso sappiamo che tutto questo - che finora era distinto - è realizzabile in un unico prodotto.


Lost has changed the rules.


Lost, al di là degli errori e delle incoerenze, ha cambiato le regole del gioco.


17 commenti:

  1. CHAPEAU!
    Mitris è un piacere rileggerti!!!

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  2. Prima di tutto: bentornato!
    Condivido tutto quello che hai scritto.
    Aggiungo che sempre solo sulle opere più complesse e ci si accanisce nella ricerca della "coerenza interna", se ne denunciano aporie, incoerenze, eventuali salti logici. E' quasi un passaggio obbligato per entrare a pieno titolo nel Pantheon dei grandi. E Lost, a mio avviso, vi ha conquistato un posto d'onore.

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  3. LE REGOLE DEL GIOCO

    Fin da quando nella prima stagione un John Locke con ancora in testa qualche capello parla, da buon venditore di giocattoli, di un gioco molto più bello degli altri, tutti noi spettatori siamo in fervida attesa. Quali sono le regole del gioco più bello di tutti… Lost?!

    Vedere Lost è un po’ come giocare con gli amici senza conoscere le regole, sapendo però che questo non pregiudica la partita: essere giusti con Lost significa riconoscere che creare teorie, identificarsi con uno o più personaggi (in due parole: farsi coinvolgere) non è una parte secondaria dello Show.
    Del resto gli Autori stessi hanno costruito su tale convinzione sia la Lost Experience che altre originali iniziative.

    E poi da sempre, in campo artistico-letterario, la teoria della ricezione* ci insegna che lo spettatore ha un ruolo decisivo nell’inquadramento di un genere, o nello sviluppo di un’opera.

    Pensiamo in tal senso ad Hurley (da qualcuno paragonato a una sorta di "Segretario dei rapporti con i Fans"), ma non solo a lui, che troviamo più di una volta intento a richiamare palesemente, sempre in chiave divertita, “le voci” (quelle off island!) e le suggestioni nate nelle centinaia di blog dedicati alla Serie. Lui è speciale: vede quello che altri non possono vedere, e finisce più o meno goffamente per condurre Jack (e noi?) prima verso la Lighthouse e poi verso l’incontro con MIB. E’ lui che in qualche modo sembra sbloccare qualcosa in Jack (e in tutti noi?) con la sua simpatia, ingenuità, semplicità.

    Insomma, anche se non dettiamo nessuna regola, Lost lo facciamo un po’ anche noi, ma poi finiamo per rivolgere la nostra acribìa e il nostro spirito critico a chi sta nella stanza dei bottoni… no, pardon, quella l’hanno fatta saltare… pronti, nella non più improbabile delle ipotesi, a rivolgere il nostro interesse ad un nuovo giocattolo, magari simile ma assai meno divertente (vedere qualche altra Serie per... credere!).

    Namaste and (visto il "salto" da compiere!) good luck!


    *Il significato di un testo non deriva soltanto dall'atto della produzione o, come si diceva nei termini dell'estetica romantico-idealistica, della creazione: finché il testo non viene letto, e quindi il suo significato non viene "costruito" nella mente del lettore, esso non è compiuto.
    ( tratto da http://www.edt.it )

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  4. Non lo so... non lo so. Forse la frase citata che più mi rappresenterebbe in questo momento è quell'ultimo pensiero di John Locke, "I don't understand".

    A due soli episodi dal termine, mi immedesimo in quella "crisi cognitiva" che i due personaggi principali, John e Jack, hanno vissuto durante la loro parabola. E che - chiaro - non si è ancora (mai) conclusa, perché sarebbe troppo semplicistico crederlo.

    Vivo quel timore che forse era solo di Jack quando non voleva rischiare di dare troppa importanza a "L'Isola", di credere a un Grande Inganno, di votare tutto se stesso a una causa non solo illusoria, ma pericolosa.

    Sento questo timore "sacrosanto" come lo sentiva Jack, almeno con pari intensità di quando ha poi sentito la giustezza di un "leap of faith". Perché Lost - credo - ci ha mostrato, fra le tante cose, come CREDERE significhi anche portare avanti un percorso sbagliato, purché si arrivi alla fine di quel sentiero. Alla fine di esso, c'è un altro sentiero, o un salto indietro, o un salto in avanti: e tutto può essere rivisto, rivalutato, ripensato. RiCREDUTO.

    Ora siamo ormai alla fine: non c'è tempo per nuovi sentieri, ma c'è tempo per ricredersi. Si è capito che la mia è una voce ora scettica. Ma MAI sono stato aggrappato per principio a una posizione. E mai come in questo caso desidero cambiarla.

    Siamo ormai alla fine: non resta che attendere, e - per me - non resta che sperare che esista, almeno come ultimo passo, un'ulteriore deviazione di rotta.

    Io - questo sento sia per me una certezza - non riesco a vedere Lost come una [Grande Opera], a livello "storico". E credo di aver capito che nemmeno questo intervento intenda accostarlo ai tanto grossi nomi sopra citati, che hanno AGGIUNTO davvero qualcosa di importante alla storia del mondo. Trattandosi inoltre di un prodotto artistico (conchiuso in sé) e non di un percorso cognitivo (filosofico, scientifico, religioso), la coerenza interna sarebbe in verità un requisito necessario, in senso artistico-estetico. E lasciamo stare questa questione, ancora prematura: Lost è sicuramente un quasi-capolavoro, su questo piano, ed è sicuramente anche un'ottima "macchina", in senso intellettual-contenutistico.

    Ma a me questo giudizio complessivo in verità importa relativamente: per me conta invece che è qualcosa che ho seguito per tutto questo tempo, sia con uno slancio d'entusiasmo "cerebrale", ma soprattutto con un profondo coinvolgimento emotivo e, detto in senso stretto, AFFETTIVO: mi sono affezionato a questi personaggi, a questa storia, a questa realtà immaginata, mi ci sono immedesimato, l'ho seguita con attenzione, con riflessione, con cura, ci ho pensato su, ci ho ragionato su, ci ho fantasticato. Questo per me non è (mai stato) in discussione, e la fine imminente è insieme la sensazione e il desiderio di una conclusione dovuta, necessaria, e la sensazione e il timore della cessazione di un percorso che non vorrei dovesse necessariamente finire.

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  5. Io non vedo un problema di coerenza.
    Riscontro, al contrario, un conflitto tra schemi.
    Lo schema intepretativo utilizzato dallo spettatore e lo "schema" descrittivo adottato dagli autori.

    Lo schema dello spettatore funziona come un "regolatore di aspettative".
    Se nella memoria dello spettatore è depositato un determinato schema (ad esempio: ad una domanda deve necessariamente corrispondere una risposta), questo schema attiverà determinate aspettative riguardanti quanto sta visionando.

    Se lo schema però viene disatteso? Se vengono smentite le aspettative?

    E' un problema di coerenza o è un problema di schema interpretativo(utilizzo uno schema non corretto)?

    Io propendo per la seconda ipotesi. Abbiamo visto, nel corso della serie, come Lost abbia infranto i classici schemi temporali descrittivi.
    Dal presente e dai classici flashback siamo passati ai flashforward ed alle linee temporali differenti.
    Quindi noi spettatori abbiamo resettato i nostri schemi mentali al fine di comprendere meglio la narrazione.
    L'episodio finale della terza Stagione, ad esempio, ha "disatteso" le aspettative. Mi aspettavo, secondo lo schema conosciuto, un flashback ed invece era un flashword.
    Tale mancato rispetto delle aspettative è stato sorprendente: il risultato è stato di gran lunga superiore alle aspettative stesse!

    Concludendo, credo che in queste battute finali lo scontro sia tra ciò gli autori - secondo i loro schemi - hanno creato per porre "fine" a questa avventura e ciò che gli spettatori più rigidi, lasciatemi passare il termine, ritengono debba finire.

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  6. Virginia,

    a me sembra anche questa più un'apologia che un'analisi.
    Tu - come gli altri - fai affermazioni sacrosante, sottolinei pregi più che legittimi, ma non sono per questo risposte ad alcune perplessità specifiche che possono essere avanzate.

    Non so gli altri in generale, ma almeno io in particolare non ho mai scambiato schemi mentali traditi o aspettative disattese per carenze di coerenza interna. Di mio, mi faccio anche poche aspettative, e invece mi spremo ogni pezzetto di cervello per rincorrere i tortuosi sentieri che gli autori tracciano (e apparentemente lo fanno in modo, in principio, ben preciso), mi arrovello per essere fedele alle indicazioni stradali che, cifrate, vengono lasciate su quei sentieri, faccio di tutto per non saltare uno solo di quei segnali e poi... poi succede che in alcuni casi quelle indicazioni si rivelano senza meta reale, ma non perché sono giochi-trappola ben calibrati, bensì solo perché sembra che la meta sia stata smarrita o dimenticata dagli stessi individui che hanno seminato quelle indicazioni.

    Certo, anche questa generalizzazione è molto ristretta, è solo la descrizione di UNA perplessità e non è di certo un'analisi accurata. Ma se parlo di coerenza, io mi riferisco a tantissimi aspetti e non solo alla mera ricezione estetica superficiale (dato di per sè comunque non irrilevante).

    Come ho scritto sopra, Lost è un'ottima macchina, e come ogni macchina ha qualche imprecisione qua e là. Artisticamente, è un'opera bellissima, come dicevo un quasi capolavoro. Però mi pare si esageri in modo paradossale se lo si associa ad opere o addirittura bibliografie di persone che hanno cambiato la storia.

    Un grande merito di Lost è quello di accorpare in modo molto ricco quanto la cultura moderna ha sviluppato negli ultimi decenni, legandola a molti degli sviluppi dei secoli precedenti.
    Un demerito, strettamente connesso, è che questo accorpamento era un'impresa titanica, e di conseguenza l'incastro non poteva riuscire alla perfezione.

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  7. Ciao Rambaldo,
    la mia non voleva essere un'analisi e neppure un'apologia. Era una riflessione.
    E non voleva infine essere un "attacco" a quanto avevi esposto.
    Una semplice (e forse semplicistica?)riflessione riguardante le aspettative, lette nei vari forum, degli utenti.
    Le aspettative son speranze, desideri. Può essere che si avverino oppure no.
    Ti faccio un banale esempio. Ogni genitore (a parte la scontata speranza che il proprio figlio sia in salute) quando aspetta un bambino tende, chi più chi meno, a crearsi delle aspettative.
    Mi piacerebbe fosse maschio, sarebbe bello se avesse gli occhi verdi della nonna, magari i capelli biondi, etc. Poi si scopre che è femmina e che gli occhi saranno probabilmente azzurri e i capelli castani.
    Ripeto è un esempio banale e riduttivo ma calzante in merito alle aspettative su qualcosa che non è possibile controllare.

    Forse Lost non è stato creato per fornire risposte ... forse le risposte, come i vari personaggi delle serie, le dovremo trovare noi.
    Tante risposte quanti i pensieri di ogni singolo spettatore.

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  8. Quando qualcuno scrive qualcosa e lo pubblica, lo consegna ai lettori che ne fanno ciò che vogliono. Come dice giustamente PopCorn, il significato di un testo è il prodotto di una dialettica tra il testo stesso e chi ce l’ha sotto gli occhi. Quindi, il lettore è libero e ha tutto il diritto di cambiare le carte in tavola. A partire da questa convinzione, sono di solito restio a fare precisazioni su quanto mi capita di scribacchiare. Tuttavia, accettando l’idea che questa sia una vera discussione, stavolta farò un’eccezione, nonostante pensi che la mia prospettiva fosse sin da subito chiara.

    L’associazione tra Lost e la grande bibliografia occidentale sarebbe esagerata (non certo paradossale, ma semmai iperbolica), se non fosse motivata. Non mi sogno neanche lontanamente di porre sullo stesso piano la "Fenomenologia dello Spirito" o la "Logica" di Hegel e Lost. Io uso semplicemente la grandezza per leggere, come attraverso una lente d’ingrandimento, cose di proporzioni più modeste. E dico che la storia mostra di essere indifferente alla contraddizione e che la contraddizione non è un metro di giudizio adeguato per interpretare le opere. Se lo fosse, sarebbe ingiusto considerare grandi tutti gli autori che ho citato nel mio post. Dico che se l’incoerenza interna a un’Opera fosse realmente un canone di giudizio efficace, dovremmo buttare all’aria non Lost, ma il meglio del pensiero occidentale.

    Quanto al ragionamento di Virginia, penso che la disattesa delle aspettative come strategia narrativa (innegabile in Lost) non escluda la presenza di alcune contraddizioni interne alla sceneggiatura (rilevate non da me, che sono tutto sommato un osservatore distratto, ma da una buona fetta di spettatori).

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  9. Anche a me sembra di dover qui ripetere quanto già di per sè chiaro, ma non sono restio a ripetermi e nemmeno a giustificarmi.

    Inoltre, essendoci la funzione COMMENTO su questo blog, ho creduto che fosse fatta apposta per discutere quanto esposto in vetrina da ciascuno.

    Punto primo, "contraddizione" è diverso da "incoerenza". Contraddirsi è addirittura segno di movimento. Ma d'altra parte, anche "incoerenza" è in questo caso insufficiente, come termine - a livello visivo immagino questa condizione come "porosità".

    Punto secondo, io dicevo che non reggeva quel confronto non solo per la grandezza dei nomi, ma perchè un conto è parlare di UNA opera, un conto è parlare di un intero pensiero filosofico o percorso cognitivo di un autore, che necessariamente avrà evoluzioni, cambiamenti, smentite.

    Punto terzo, mentre una valutazione estetica (basata anche sul parametro dell'organicità) non ha senso per un insieme di opere, è invece imprescindibile su una singola opera. Ma l'opera singola non dovrebbe prescindere una sua "consistenza", anche laddove essa si fondi - per paradosso - sull'inconsistenza, sulla lacunosità, ma come principio fondante, non come promessa mancata. Invece, qua e là, Lost è carico di ACCENTI, di SPINTE, di ENFASI, che sembrano lanciarsi verso una dimensione di attesa, e invece cadono nel vuoto.

    Punto quarto, Lost non solo è un'opera singola, ma non è nemmeno un trattato filosofico o un saggio storico-mitologico, tantomeno un manuale scientifico. Prima di tutto, è un prodotto mediatico; in seconda battuta, è un prodotto artistico e creativo. Per questo secondo aspetto, non ha senso pensarlo come una mera esposizione di contenuti, che possa essere anche manchevole, indecifrabile o folle. Lost è prima di tutto una SINGOLA opera CREATIVA: il mondo fantastico creato non può presentare lacune simili a ciò che significherebbe, nel mondo reale, avere l'olfatto senza che esistano gli odori.

    Quindi, lungi da me oppormi all'idea che la contraddizione sia addirittura un pregio. Ma non è certo questo un modo per dire che Lost sia esente dai suddetti difetti.


    Ma, come anche ho già detto, 1) non li trovo difetti gravissimi, tali da farmi dimenticare tutto ciò che mi piace, e soprattutto 2) aspetto l'epilogo e spero di mutare gran parte della mia prospettiva.
    Io mi sento giustissimo con Lost – mi sentirei ingiusto, al contrario, se mi accorgessi di prendere per buono tutto, di adorarlo a prescindere, di giustificare ogni cosa che vedo trovando una ragione di merito in ogni aspetto.

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  10. ma perchè non imparate a giocare e divertirvi invece di incartarvi in una sconfinata serie di pippe mentali? :)

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  11. condivido, LOST ha cambiato le regole in TOTO.
    ci mancherà!

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  12. non riesco a leggere tutti i commenti....devo lavorare!

    :(

    comunque lost è stato creato da sceneggiatori furbi, che sapevano come attirare l'attenzione!
    ha cambiato le regole del gioco per diversi motivi, anche per il metodo di approccio al pubblico, anche per la Lost experience........

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  13. Hai ragione, secondo me, quando sottolinei quei difetti di Lost che ci sono. Hai torto, invece, sempre secondo me, su due punti: 1) la contraddizione è una forma di incoerenza; 2) Lost non è una singola opera, in senso tradizionale, è un complesso di opere; anche in questo senso Lost ha cambiato le regole del gioco. Ma pur ammettendo che si tratti di un'opera singola in senso tradizionale: siamo sicuri che le grandi opere siano prive di incoerenze interne (o contraddizioni)? Per me, nel particolare del soffio vitale presente nel Giudizio Universale di Michelangelo c'è una contraddizione in termini grossa come un grattacielo! No. Penso che nella creazione artistica (non sono tra quelli che separa nettamente la forma dal contenuto), come in ogni tipo di creazione intellettuale (filosofica, scientifica etc.) sia possibile l'incoerenza/contraddizione. Ultimo esempio: alcune foto di Cartier Bresson (colui che a suo tempo mi fece innamorare della fotografia), prese singolarmente, elevano addirittura la contraddizione a topos artistico e, personalmente, sono quelle che mi piacciono di più.

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  14. Mitris,
    non voglio prolungare la discussione all'infinito, anche perchè ho capito cosa intendi e lo condivido. Il punto è che non sono riuscito a farmi capire io...
    Quelle che individuo come mancanze in Lost non mi sembrano nè contraddizioni accessorie, nè concettuali (perchè non esiste riflessione veramente alta che non lasci una domanda insoluta), nè, tantomeno, elevate ad obiettivo stesso dell'opera.

    Purtroppo, come ho scritto altrove, Lost ha avuto un processo poetico travagliato e costantemente "in progress", penalizzato dalle esigenze mediatico-produttive, e colpevolmente concentrato, spesso, troppo sulla rincorsa all'aspettativa (specie per sbalordirla) del pubblico. Per me è questa la causa, e forse anche la forma stessa, delle mancanze, che inficiano la potenza e l'autonomia del progetto di partenza, e come dicevo già, indeboliscono la "energia interna" dell'opera, che troppo spesso si è dovuta riprogettare da capo a coda per sopperire ad imprevisti totalmente avulsi al mondo dell'opera, sia inteso nella fase di creazione, che inteso come mondo narrato. Un banale esempio: trame (scientifiche, filosofiche, etc) lasciate improvvisamente in sospeso; o ancora piü semplice: personaggi morti per ragioni esterne alla storia, che altrimenti sarebbero sopravvissuti e avrebbero cambiato il corso della storia stessa.

    Io penso che parliamo di cose diverse. D'altronde la mia non è tanto una critica a Lost, quanto un rammarico rispetto a delle lacune che avrebbero potuto non esserci.

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  15. No, no, che discussione infinita, già per me è troppo una finita! Comunque, hai ragione quando dici che alcune promesse di Lost cadono nel nulla. Ma ha anche ragione Virginia, quando scrive della disattesa delle aspettative. Una cosa sono le sbavature narrative che tu giustamente sottolinei, un'altra è il gioco del tradimento degli schemi interpretativi dello spettatore, che altrettanto acutamente mette in evidenza Virginia. Secondo me, sono entrambe cose esatte e compresenti in Lost.

    Però, io ho pensato di scrivere "essere giusti con Lost", proprio per oltrepassare queste diatribe sui pregi e i difetti dell'opera. Cioè, secondo me, Lost ha dato un indirizzo diverso alle arti visive. Dopo Lost, guardare un'opera d'arte non è più lo stesso.

    Certo, gli errori e le ingenuità restano. Sto pensando infatti di scrivere un post sul fallimento degli autori riguardo al tema della religione. Ne danno una rappresentazione troppo popolare per la sensibilità delle persone di cultura medio-alta del XXI secolo. Vedremo.

    Resta però anche che Lost, un telefilm, ci permette di discutere, per la prima volta nella storia dei telefilm, credo, di parlare di cose profonde e complesse. Pure in questo senso, Lost ha cambiato le regole del gioco.

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  16. Lost ha avuto la fortuna di avere un pubblico particolare.

    Ci ha permesso di discutere, perché APRIVA discussioni. Ma tutto il materiale, e le eventuali conclusioni, a mio modo di vedere ce li abbiamo messi quasi solo noi. Io stimo molto di più te, Faramir, Virginia, e gli altri utenti che, ad esempio, scrivono su questo blog e su altri forum, che gli autori stessi.

    La scelta di "aprire caselle", anche considerando quali hanno selezionato, è molto furba e intelligente; per il resto, il gran merito, ripeto, va ai fruitori.

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