C’è un termine, nel romanzo di Richard Adams La Collina dei Conigli, che descrive l’immobilità che caratterizza gli animali da preda di fronte a un pericolo soverchiante: è tzarn (tharn in originale), ed è un modo molto efficace per rappresentare la paralisi che molti stanno vivendo di fronte agli abusi perpetrati in piena luce a danno di popoli, gruppi, singole persone.
Ci sono poteri all’opera che compiono e dicono cose
palesemente, sproporzionatamente malvage – con l’arroganza dell’impunità e
della consapevolezza di poter fare le cose because I can. Di fronte a
questi poteri, di fronte a questa sproporzione di forze, le strade sono tre: flight
(fuggire), fight (combattere), freeze (rimanere tzarn, appunto).
Tenuto conto che non c’è posto dove rifugiarsi, resistere (anche in modo non
violento) per non piegarsi comporta l’essere prima o poi spezzati, il congelarsi
è una strategia che molti stanno, magari inconsciamente, adottando. Come
sciogliersi da questa paralisi? Jianwei Xun, il filosofo
dell’ipnocrazia, in un recente articolo per Tlon ipotizza la strada della parresìa,
declinata come il coraggio di dire la verità in condizioni di pericolo. Verità
come atto politico, non come arma dialettica piegabile a interessi di parte.
Quale verità possiamo dire noi oggi, che parresìa possiamo
praticare, nei limiti di una tribuna così ristretta? Una cosa si può fare:
mostrare come quest’epoca disperata stia vedendo la manifestazione nel mondo
reale di archetipi antichissimi e profondissimi, quasi dei fantasmi che filtrano
nella realtà. “Immaginari o finzioni pretendenti al reale”, cioè fantasmi (per
usare una citazione del libro di Avery Gordon linkato nell’ultimo post), che
riescono a passare di qua.
Non è un caso che il film più visto sulla piattaforma con la
N rossa sia un prodotto di animazione che narra lo scontro, nella realtà
contemporanea, di veri e propri demoni con delle cacciatrici – eredi in questa
generazione della missione di proteggere l’umanità dalla distruzione tramite
suzione dell’anima.
Lungi dall’essere un prodotto meramente commerciale (e commerciale
lo è: si fa fatica a immaginare un musical di animazione più perfettamente
confezionato di questo), KPop Demon Hunters ha diversi livelli di
lettura, molti dei quali con riferimenti alla mitologia e al folklore coreano,
su cui molto è stato ottimamente scritto da Marta Corato su IGN.
Demoni che camminano tra noi, mitologia in atto: è questo
forse lo zeitgeist corrente?
Spostandosi in India, e in una nicchia cinematografica
distante molte caste da Netflix, c’è un interessantissimo film, che
apparentemente parla di vampiri, Sister Midnight, che descrive la progressiva trasformazione di una neosposa, destinata alla cura dell’ambiente
domestico a Mumbai, in una figura di mostruoso femminile che uccide e
succhia il sangue degli animali (incluso il marito), che poi ritornano in vita
(in stop motion, tranne il marito). Questo sarebbe un grosso spoiler,
perché la trasformazione avviene il parallelo ad un radicale cambio di genere
del film, analogo (sebbene non così brusco) a quanto avviene in Dal tramonto
all’alba. Ma qui cerchiamo di ricondurre anche questo film alla tesi
complessiva e lo spoiler è necessario.
Senza sapere nulla di induismo – e senza scorrere magari questa lettura indiana della pellicola – allo spettatore occidentale sfuggirebbe
la natura mitologico-religiosa della narrazione, che è (da mille indizi) quella
della manifestazione di Kalì in una persona destinata socialmente ad incarnare
Parvati. Anche qui, dèi che si manifestano nel mondo reale, archetipi che
sovvertono l’ordine sociale.
C’è un romanzo del 1931, Il Posto del Leone, che
narra proprio di questa manifestazione e di questo sovvertimento. Ne è autore
Charles Williams, noto anche come il ‘terzo’ degli Inklings (i primi due sono
J.R.R. Tolkien e C.S. Lewis), e forse il più eterodosso dei tre. Il romanzo,
che parla dell’apparizione letterale in un villaggio inglese delle Idee
platoniche che vogliono riprendersi il mondo dei fenomeni, e delle conseguenze che
l’umanità deve affrontare, colpì particolarmente Lewis, che scrisse ad Arthur
Greaves: “Ho appena finito di leggere un libro che mi appare veramente superbo”.
Il Leone del titolo è l'archetipo della Forza, ma nella cultura coreana i caratteri che corrispondono alla parola leone (사자, saja) appaiono anche nel nome di coloro che accompagnano le anime dei defunti nell'aldilà (저승사자, jeoseung saja).
Scriviamo queste righe alla vigilia dell’ultimo saluto a un
caro amico, con il quale abbiamo trascorso innumerevoli ore in un pub (in
diversi pub, in effetti) a parlare di letteratura fantastica (e di cinema e tv,
e non solo di quello), novelli Inklings che sognavano di essere al Bird &
Baby – e per tanto tempo è stato come se ci fossimo. Chi scrive si sente un po’
come Tolkien alla dipartita di Lewis, come se avesse ricevuto “un colpo d’ascia
vicino alle radici”.
Questo post è dedicato a Paolo, alias Glorfindel, con la
speranza di rivederci al di là del mare.
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