sabato 11 giugno 2011

What if (philosophy)




Tra i tanti semi sparsi nelle stagioni di Lost è cresciuto sempre di più quello della POSSIBILITA'.



La vicenda stessa, in fase di sceneggiatura, è cominciata su un aereo, via via precipitando, forse inaspettatamente o casualmente (beato chi ha alloggiato nella “stanza dei bottoni”), nelle profondità di una botola e addirittura degli abissi marini.

Si, la possibilità, una pianta che è man mano germogliata e cresciuta fino a prendere il sopravvento e radicare il cuore stesso della vicenda.

L'idea di scrivere una storia che contenga tutte le storie possibili non è certo scoperta o riscoperta recente (basta risalire all'antichità mediorientale, in un senso, o ai filoni narrativi e critici degli anni '60, per non parlare della letteratura potenziale già presentata da Virginia, dall'altro) e non a caso nella stessa ricerca storica l'approccio controfattuale (la storia fatta con i “se” e con i “ma” tanto per intenderci) è pratica sempre più diffusa negli atenei americani e non solo.

Dopo Locke che richiama la mostruosità, Rousseau l'esser selvaggi, Hume la percezione dell'esistenza (tanto per limitarmi alle suggestioni “maggiori”), la Serie sembra essersi trasformata in una sorta di trattato filosofico sulla possibilità.

Pur essendo soprattutto letteraria la mia non eccelsa formazione, ho pensato di scomodare la filosofia, perché nelle “possibilità” di Lost ho letto solo in parte una strizzata d'occhio alla cultura, come dire, “pop(olare)”, della quale “Ritorno al futuro”, tanto per capirci, potrebbe essere il riferimento. Lost è in buona parte innervata dalla cultura filmica e telefilmica statunitense, e le tante battute affidate ad Hurley e Sawyer sono lì a dimostrarlo. Lost è poi immersione nella grande letteratura americana (difficile dimenticare tutta la puntata sullo scuotimento, del coniglio e di Sawyer, che ripercorre in modo dannatamente intelligente la trama di “Uomini e topi” di Steinbeck).

Ma Lost ha soprattutto un forse ancora poco indagato substrato filosofico, che ci permette di postulare che la vita stessa è un grande intreccio di possibilità e che tutti i mondi possibili, comunque vengano generati, hanno bisogno dell'apporto di ciascuno dei personaggi entrati in scena.

Che poi i due grandi poli del Bene e del Male attraggano i personaggi ora in un senso ora nell'altro, a seconda del “what if scenario”, beh, questa è un'altra storia, o forse è sempre la stessa storia, uguale ma diversa allo stesso tempo...

... è la storia antichissima dello Yin bianco (l'energia potenziale) e dello Yang nero (il movimento).

Il simbolo ben raffigura un rapporto dinamico e inversamente proporzionale: lo Yin raggiunge il suo acme dove lo Yang finisce e viceversa; la linea che li separa è curva; il punto bianco nella parte nera e quello nero nella parte bianca indicano l'origine l'uno dall'altro e il fatto che indipendentemente non possono esistere.

E così la filosofia diventa religione, riportandoci a quando la conoscenza inglobava tutti i saperi (storico, filosofico, religioso, scientifico, etc.).


E' la forza della POSSIBILITA', come quella che...


1 commento:

  1. Autopostilla: questo mix del telefilm tra i poli dell'intrattenimento (azione, mistero, diegesi/racconto) e di una non troppo celata presunzione epistemologica (prodotto televisivo che vuole anche cogliere lo spirito dei tempi) nasce e muore nell'Isola (uno dei luoghi per eccellenza per quanto riguarda la scoperta di sé).
    Il mondo off-island necessita di un cuore pulsante (la sorgente interna all'isola) che dia (specialmente ai candidati) la consapevolezza di sé, per andare oltre, verso l'altra sorgente (quella finale).
    Per questo l'isola di Lost vale di più per quello che simboleggia (tutti i simboli sono stati abbondantemente indagati) che per quello che è (tutti i misteri non sono stati svelati).

    Le immagini dell'Isola attivano l'immaginazione dello spettatore in un cerchio senza fine: ogni avvenimento della serie, grazie all'Isola, diventa connessione con altri avvenimenti, anche i più disparati e banali, fino ad attraversare e (ri)modulare le coordinate spazio temporali. Questo è possibile e “funziona” solo se tutto è connesso all'unità originaria, cioè accettando di andare oltre...
    Che sia questa, in estrema sintesi, la cifra artistico-filosofica di Lost: l'uso di un simbolo (l'Isola) e delle sue capacità evovatorie (epiche e poetiche)?

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