martedì 23 giugno 2009

Das Glasperlenspiel

Ce n'è voluto di tempo, per metabolizzare il pesce alla piastra all'ombra della statua... Fuor di metafora, la scena iniziale del finale di stagione di Lost, The Incident, ha aperto scenari che - sebbene preannunciati e intravisti da tempo - lasciano sconcertati gli spettatori, ora più che mai ansiosi di capire la piega che gli eventi - nel passato e nel presente - prenderanno nella sesta e ultima frazione di una narrazione, che ha raggiunto vette alle quali mai si sarebbe detto una serie televisiva avrebbe potuto puntare. Eppure eccoci qui (here we go again) a disquisire della natura dell'Isola, del senso che potrebbe avere la presenza dei Losties su di essa, e del ruolo (metafisico? fantascientifico? soprannaturale?) che hanno quei due individui - Jacob e il suo antagonista nerovestito - che parrebbero rappresentare i due players di cui già nel pilot parlava Locke, quello vero: one is light, one is dark.

Una soluzione che potrebbe coniugare almeno le due opzioni metafisica e fantascientifica (lasciando fuori il soprannaturale, che risulterebbe un deus ex machina troppo indigesto) è lo scenario che vogliamo chiamare - ipotesi di lavoro - postumano. Lo status postumano ha diverse possibili definizioni, nella letteratura contemporanea: delle tante, ne scegliamo due.

E' postumano ciò che trascende l'umano, a seguito della singolarità tecnologica. La singolarità tecnologica - a sua volta in una tra le definizioni più gettonate - è quel momento della storia umana, nel quale il tasso di sviluppo tecnologico diventa infinito, ossia quell'istante in cui la tangente alla curva dello sviluppo diventa verticale: da lì in avanti, il tempo non viene più misurato nel modo in cui siamo abituati e l'umanità diventa qualcosa di diverso. Pura informazione disincarnata, direbbe Greg Egan - ma è qualcosa che non possiamo nemmeno immaginare, legati come siamo alle nostre categorie classiche: gli autori di fantascienza ne parlano, appunto, in termini informatici, ma solo in mancanza di trascendenti davvero nuovi. Se Jacob e il suo antagonista fossero postumani in questo senso, lo scenario informatico potrebbe ritornare alla ribalta, con il virtuale che diventa - di fatto - il reale della nuova umanità, e con il tempo che perde il suo significato consueto, per essere piegato alle esigenze della disputa che è in corso - e che potrebbe benissimo essere cominciata nel lontano futuro.

Oppure postumano è ciò che diventa l'umano dopo tutte le possibili permutazioni delle sue variabili esistenziali, qualcosa di completamente, definitivamente umano, che si realizza grazie a condizioni spazio-temporali particolari (le proprietà fisiche dell'Isola?). Qualcosa che è descrivibile ancora attraverso le categorie umane, ma solo dopo un tempo, che linearmente può essere visto come infinito, eppure che - avvolgendosi su sé stesso - è contemplabile dall'esterno nella sua interezza. Se Jacob e il suo antagonista sono postumani in quest'altro senso, assomigliano a due giocatori, non già di scacchi - come la somiglianza della scena sulla spiaggia con Il Settimo Sigillo potrebbe lasciar intendere - non già di backgammon - come invece potrebbe evincersi dalla già citata scena tra Locke e Walt - ma del Gioco delle Perle di Vetro di cui parla Hermann Hesse nel romanzo omonimo. Si tratta di un romanzo ambientato in un futuro non meglio precisato, in cui almeno una parte dell'umanità, quella che si raccoglie tra le mura di Castalia, ha raggiunto un grado di sviluppo intellettuale tale da potersi dedicare quasi esclusivamente al gioco che dà il titolo all'opera, una misteriosa pratica combinatoria di tutte le arti e le scienze umane, che esplora tutti i possibili nessi fra i concetti immaginabili dall'uomo, per attingere - questo parrebbe lo scopo del gioco - ad una sintesi superiore e dunque a una conoscenza più completa. Comprendere l'uomo, diventare più compiutamente uomini, attraverso l'iterazione di un gioco sempre più complesso, in un tempo fuori dal tempo: è forse quello che stanno facendo Jacob e la sua nemesi?
Ci piace credere che anche il nostro sia un gioco delle perle di vetro, un piacere intellettuale che esplora però dimensioni profonde della condizione umana; sicuramente lo è quello degli autori di Lost, che connettono le idee, le suggestioni, i contenuti più varii, combinando e scombinando, permutando e riordinando le perle di vetro che poi ci lanciano alla rinfusa.
Ma il tempo sta arrivando, they're coming!

Un modo meno evidente di autodeterminazione del futuro

Nel sistema spaziotemporale in cui la variabile [tempo] ha una natura diversa da quella classica, ovvero linearizzata e progressiva, che siamo abituati a concepire intuitivamente (anzi per eredità filogenetica), in un sistema del genere dunque di nuovo non c’è solo un'interazione crono-causale che prescinde tale principio di linearità – per il quale la causa deve precedere l’effetto – e che in tal modo consente che il futuro contribuisca (in modo effettivamente materiale, corporeo, inviando propri “componenti” indietro nel tempo) a determinare il passato, affinché poi la catena di eventi che ne seguiranno porti a quello stesso futuro; in più c’è anche un’interazione causale inversa di tipo non material-esperienziale, ma psichico-paranormale: il futuro si preannuncia sottoforma di visione, e proprio quella visione permette la realizzazione futura del suo stesso contenuto, che se non si fosse preannunciato non avrebbe potuto poi esistere.
Mentre il primo caso è piuttosto frequente in Lost, e si esplicita senza timori nel momento in cui si assiste a veri e propri skip di viaggiatori temporali nel passato, il secondo caso è meno lampante. In mezzo alle diverse visioni avute da Desmond dopo l’implosione della stazione Swan, che funzionano tutte in modo simile – ovvero Des vede il futuro e, nel caso della morte di Charlie, decide di contrastarlo e provare a cambiarlo – ce n’è una che segue uno schema diverso: la visione confusa che preannuncia a Desmond la catena di eventi che porterà a trovare Naomi appena paracadutata è un presupposto indispensabile alla stessa realizzazione di quegli eventi, compresa la quasi-morte di Charlie (Des anche stavolta non lo lascia morire però lo porta comunque nel punto di morte, affinché si realizzi ugualmente la visione). Senza quella visione, Desmond non avrebbe mai pensato di organizzare quel finto pic-nic e non avrebbe mai saputo cosa fare una volta sulla spiaggia, e quale via seguire nella foresta. Dunque è il futuro che, proprio preannunciandosi, può generare se stesso, attraverso una forma immateriale di interazione causale reciproca con il passato.
Ma questo stesso meccanismo in realtà si era già manifestato in precedenza, quando il veggente Malkin ha visto il futuro di Claire: Malkin, avendo una visione anticipata delle sorti di Claire (probabilmente ha visto Aaron nelle mani di Kate off-island), sapeva che l’unico modo per tenere uniti Aaron e Claire fosse l’isola, e per questo l’ha spinta sull’815 con una scusa, e così anche in questo caso il futuro si è preannunciato nuovamente per autodeterminarsi. Ironia della sorte però, l’isola in tal caso non basterà a tenere uniti Claire e suo figlio. La questione qui è controversa, perchè bisognerebbe chiedersi cosa abbia visto Malkin esattamente, visto che anche sull'isola Aaron correrà non pochi pericoli. Senza però voler indagare le dinamiche narrative, è sicuramente anche questo un caso di interazione immateriale fra futuro e passato.

Lettori fissi