E' passato un anno: sembra ieri - o forse era ieri. Un viaggio si concludeva, che ci aveva visto condividere con persone prima ignote, alla fine veri amici - anche se magari nemmeno conosciuti di persona - un tratto importante della nostra vita. Solo un telefilm? Forse. Sicuramente una metafora perfetta della vita di molti di noi, che si sono riconosciuti in quei naufraghi - così stereotipati, così archetipici, così veri - e che con loro, ma in una dimensione parallela (convenzionalmente detta mondo reale), hanno trascorso sei anni, imparando a ri-conoscersi, a dare un nome a quelli che prima erano altri, a vivere insieme per non morire soli. Noi siamo stati il flash-sideways dei naufraghi di Lost, metanarrativamente siamo loro, che ancora oggi (nel futuro al di là del cerchio narrativo ormai concluso) si ri-trovano, in uno spazio buio su cui si apre una finestra di luce (la porta del tempio, il monitor di questo pc) per provare a passare oltre. Let go. Move on. Per chi scrive è dura: la tentazione è quella di Ben, quella di restare ancora un po'.E' stata un'esperienza fondativa: di un nuovo modo di fruire la televisione, di un modo nuovo di partecipare attraverso la rete, di un tipo nuovo di comunità. Ogni minuto speso con i cultori/creatori di questo mito post-postmoderno è valso la pena di essere vissuto: con quelli con cui si è discusso, anche aspramente; con quelli con cui si è collaborato, anche se solo a distanza; con quelli che ci sono sempre stati, anche se magari in silenzio; con quelli che se ne sono andati troppo presto, in un senso troppo reale. Le battute su un blog non riescono ad esprimere le dimensioni della gratitudine per tutto ciò, se è vero che in un anno non sono riuscito a scriverlo, un post così. Vorrei restare ancora un po' da questa parte, davvero. Ma se tutti la attraversate, quella porta, beh... allora forse ce la faccio anch'io.
