Questa modalità di progressiva messa a fuoco ha un analogo nello sviluppo in serie di cui si parla in analisi matematica: ogni funzione, ogni curva su un piano cartesiano, può essere rappresentata - vicino a un suo punto - come la somma di funzioni più semplici di grado progressivamente maggiore. In un punto dato, ogni curva è quindi, in prima approssimazione, una retta per quel punto, in seconda approssimazione una parabola, poi una cubica, e così via.
Oggi che con Ab aeterno siamo entrati definitivamente in modalità-risposte, dobbiamo attenderci un procedimento analogo da parte degli autori a proposito della natura dell'Isola e dei suoi misteri: leggiamo quindi la metafora del tappo - con cui Jacob illustra a Ricardo che cosa sia l'Isola - come la prima e più lineare approssimazione della sicuramente più complessa natura dell'Isola. Lineare non tanto nel senso di tangente alla curva, quanto nel senso di più facilmente riconoscibile e comprensibile da un bracciante delle Canarie di metà Ottocento, educato nella cattolicissima Spagna e non certo avvezzo a sottigliezze metafisiche. Pertanto, anche l'identificazione di Jacob con il Bene e della sua nemesi con il Male non è altro che la più semplice delle dicotomie, ma nulla ci dice di più di quanto già sapevamo sulla complessità del rapporto tra i due giocatori, entrambi in realtà composti di luce ed ombra, di libertà e necessità, di ragione e fede. La vera dicotomia, ciò che in ultima analisi caratterizza inequivocabilmente l'uno e l'altro, ci sarà svelata alla fine di questa sorta di sviluppo in serie, che proseguirà nelle ultime sette puntate con precisione sempre maggiore. Non aspettiamoci però - come il povero Ricardo ha fatto invano - di essere guidati nella scelta, e quindi di non avere dubbi sulla parte da prendere, delle due in gioco: il finale, se non narrativamente, sarà di certo eticamente aperto.
"Si Deus est unde malum? Et si non est, unde bonum?"
RispondiEliminaBene e Male. Giusto e sbagliato.
Ciò che stiamo cercando di comprendere lo definirei "lostdicea" ovvero la giustizia di Lost.
Una ricerca (di comprensione) estremamente affascinante ma, visti i concetti sui quali si basa, di difficile soluzione.
Cosa è bene e cosa è male ...
In questa Lostdicea il punto di partenza, per un teorico processo sepculativo, è fornito da Jacob: "Lui (Nemesi)è il male". A memoria non mi ricordo che Jacob si definisca come "bene". Pertanto se Nemesi è il male ergo Jacob (in aperto contrasto con Nemesi) deve essere il bene.
Dal mio punto di vista è una logica fallace.
Perchè se due sono i protagonisti di questa "lotta", due sono le "verità". Non abbiamo ancora incontrato un elemento, super partes, che possa fornirci una chiave di lettura alle affermazioni di Jacob (Nemesi è il male). E probabilmente non lo incontreremo mai ...
Jacob, tramite metafora, spiega a Ricardo (in una scena che "fa" molto "Il Postino") perchè lo abbia "portato" lì. Nemesi deve rimanere "imbottigliato". Il rischio, se non fosse intrappolato, è che si diffonda ... sì ma dove? Nel mondo? Risulterebbe alquanto insensato ... il mondo dal quale proviene Ricardo (e tutti gli altri naufraghi) è già funestato da "malevolence, evil, darkness".
Curiosamente Ricardo e moglie avrebbero voluto imbarcarsi per il Nuovo Mondo. Ricardo effettivamente approda in un mondo nuovo, probabilmente un "brave new world".
Per 140 anni Ricardo ha eseguito un compito. Per 140 anni Ricardo ha sempre soltanto ascoltato Jacob.
Per 140 anni Ricardo non ha mai posto una domanda a Jacob.
Per 140 anni Ricardo non si è posto alcun dubbio.
Sembrerebbe quindi che Jacob, per garantire alla "sua" società una stabilità ed una "felicità", ritenga sia indispensabile manipolare e limitare le scelte della società stessa.
Porta sull'isola persone (la maggior parte delle quali a morire) con lo scopo di dimostrare, alla sua controparte, un errore di giudizio.
Ma, secondo la sua logica, queste persone devono comprendere da sole cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. E così ritorniamo al punto di partenza: come è possibile capire cosa sia giusto e cosa sia sbagliato quando non esistono elementi che possano permettere di effettuare una scelta?
In fin dei conti è la parola di Jacob contro quella di Nemesi e viceversa. Gli schieramenti si delineano sulla base della maggior abilità dialettica dimostrata (da ambo le le parti).
Non fatti ma parole e talvolta promesse.
Lo schierarsi con Jacob non è una "scelta" è un "leap of faith".
E quando la fede vacilla ... ecco arrivare il segnale che tocca le corde più profonde dell'animo.
Come non credere alle parole dell'adorata moglie defunta? Se non farà nulla per fermare la fuga di Nemesi dall'isola ... finiranno tutti all'inferno.
A questo punto è lecito chiedersi ... quale inferno?
Infine e con riferimento alla parte conclusiva del tuo intervento, Faramir, non posso dire di aver scelto Nemesi ma, al momento, non mi sento di schierarmi a favore di Jacob.
Utilizzo una frase di Mark Twain per descrivere quale natura di Jacob, per quanto abbiamo potuto vedere, io percepisca: "The trouble with you Chicago people is that you think you are the best people down here, whereas you are merely the most numerous."
ETICA E NARRAZIONE
RispondiEliminaMi sembrano delinearsi due strade (perdute?) lungo le quali si muovono gli spettatori di Lost.
Su un piano ci sono gli incastri/intrecci (il piano narrativo, che addirittura nell’ultima 6x10 ci ha regalato la rentrèe di Michail Bakunin) e dall’altro la lotta tra due entità non ancora del tutto precisate fino in fondo (il piano etico).
Se il primo piano, più che di smalto, ha forse perso un po’ di pàthos, il secondo, quello del bianco e del nero, sembra quello sul quale si deve giocare la partita decisiva (anche se ora F-Locke sembra dover fronteggiare anche Charles Widmore) e sul quale gli spettatori non sono assolutamente disposti a “fare sconti” agli autori.
La natura dell’Isola, ovvero lo scenario di lotta, mi sembra però ancora in gran parte da chiarire (fumoso?!).
Se da un lato Jacob (morto ma non defunto e in attesa di rimpiazzo, quasi fosse uno della Dharma) paragona “ingenuamente” l’Isola ad un tappo, dall’altro Charles Widmore se ne vuole riappropriare per non meglio precisati giochi di potere.
E soprattutto: l’Isola, il suo essere in parte composta di roccia nera, le sacche di elettromagnetismo che la caratterizzano, avranno parte in causa nello spiegarne la natura simile a una “scatola magica”?
L’arrivo di Desmond sembrerebbe decisivo per sbloccare la situazione: lui ha di fatto causato l’inizio della storia (il crash); sarà lui destinato (come presagito da Mrs. Hawking) a incanalarla (lui che sul volo Ajira ha incontrato Jack) verso l’uscita (come nella fatale missione all’interno della stazione sottomarina)?
Mi sembra, infine, interessante la questione della “vacanza” di Jacob: almeno uno dei candidati (che devono liberamente aderire) è chiamato a sostituirlo, e quando tale passaggio di consegne avverrà “in toto” probabilmente le cose si complicheranno o scioglieranno definitivamente.
Bianco e nero hanno bisogno prima di tutto di giocatori, altrimenti la partita non si disputa e la presenza sull’isola di tutti i protagonisti – come laciato intendere da F-Locke – non è più necessaria.
L'Ankh, il simbolo egizio di origini antichissime legato alla "vita", nella duplice accezione di esistenza terrena ed eterna, sarà una chiave destinata ad aprire la porta alla soluzione di Lost?
Solo per una precisazione: Desmond incontra Jack non sul volo Ajira ma sul volo Oceanic 815 ma nella realtà alternativa che abbiamo visto solo nella 6° stagione (tra l'altro unico passeggero che non c'era in origine in quanto era lui la causa della caduta stessa dell'aereo).
RispondiEliminaPer il resto blog molto bello, vi leggo da pochissimo XD