Sono lieto di pubblicare anche sulla Lavagna il mio contributo su Lost (una specie di "blog dispensa" direbbe Faramir), dopo una serata (relatore Mariano Diotto) dedicata al Nostro Show al Centro Audiovisivi di Verona, nell'ambito di un corso sulla serialità televisiva.
Un grazie a Paolo e Luana per la sentita compagnia.
IL NAUFRAGIO DELLA VITA
Lost. Scritta bianca semovente in campo nero. Un suono sempre più cigolante come sottofondo. Vi perdereste mai in un mondo così? Io l’ho fatto e ne sto ancora “pagando le conseguenze”…
Tanti anni fa, ancora adolescente, senza avere nemmeno la più pallida idea di chi fosse Borges, pur conoscendo molto all’ingrosso Shakespeare e pur già in parte consapevole dell’importanza dei Classici per la cultura moderna, sognavo di poter un giorno leggere un libro, vedere un film, insomma assistere ad uno spettacolo nel quale fosse possibile radunare in un'unica narrazione tutto ‘il meglio di’.
A diciott’anni, poi, dopo un esame di maturità non particolarmente brillante, immaginavo già di tornare indietro nel tempo a riempire qualche buco, sia di studio sia di vita personale, per rimediare a quanto di lost e di looser mi ero lasciato alle spalle.
Ne è passata di acqua sotto ai ponti, ma poi ci hanno pensato i veri creativi, i geni dello script (tra i quali J.J. Abrams è più che un astro nascente), a sviluppare una semplice ma fondamentale intuizione... La storia più bella da scrivere? La nostra! Quella che intessiamo ogni giorno, a partire dalle nostre percezioni, razionali o meno che siano. La vita diventa ciò che col ‘pensier mi fingo’, per cui ‘il naufragar m’è dolce in questo mar’.
E poco male se J.J. Abrams non è riuscito a completare le sette stagioni, per chiudere il suo cerchio magico del ‘tre più quattro', o se molti fan hanno rivolto il pollice verso terra (la vittoria dell’anti-Fonzie) alla visione della doppia puntata finale.
E allora sotto con il mondo di Lost, che stasera il nostro relatore Mariano Diotto (certamente tradendo le mie lostalgiche attese, ma non lasciando malcontento nessuno) ha affrontato da un punto di vista prevalentemente tecnico-comunicativo.
L’IO EPICO
Con sedici protagonisti – vi parrà impossibile – il protagonista principale diventa il diciassettesimo. Il diciassettesimo – non prendetevela con la Cabala – siete voi!
In Lost la focalizzazione del racconto viene scientemente offerta allo spettatore, che pazientemente e amorevolmente, imparerà quasi da subito a teorizzarne e condividerne la filosofia.
L’occhio di Jack Shepard si (ri)apre, ma la visione diventa ben presto soggettiva; inoltre misteri e tessere da ricomporre faranno subito la loro comparsa (il cane Vincent, una scarpa da tennis, qualcosa di oscuro) e non solo nella prima puntata.
L’io epico si immerge nella narrazione, ma sempre nell’ottica dello straniamento, tecnica narrativa che ci chiama in causa non più come meri spettatori, ma quali ricercatori della nostra chiave di lettura.
Perdersi in Lost è quindi esattamente la prospettiva voluta, sempre che siate dei candidati pronti ad accettare le regole e a mettervi in gioco.
Anch’io l’ho fatto, insieme ad altri amici, ed oltre al mondo più o meno Vintage della Dharma, ecco il moltiplicarsi per me di serate al pub, cene a tema, gruppi di ascolto, una volata al Telefilm Festival e un blog cooperativo (questo!).
CHE MONDO SAREBBE… SENZA LOST
Creare molteplici mondi dalla natura più svariata (possibili, impossibili, inconcepibili), connotarli attraverso precisi paratesti e codici comunicativi non è stata una scelta da poco.
Il principio è quello della disseminazione di elementi, via via più complessi e ingarbugliati, fino ad operare su almeno quattro/cinque livelli narrativi, livelli che poi ognuno riassemblerà personalmente, inserendoli nel proprio orizzonte di attesa (almeno fino a che il cielo non diventi viola… da lì, in poi – lo confesso – ci ho praticamente rinunciato).
Le diverse modalità e il dosaggio nell’usufruire di questo prodotto televisivo hanno poi da sempre fatto la differenza, in modo oltretutto nemmeno tanto velatamente nascosto.
TECNICISMI
*(Destare) MERAVIGLIA: è la cifra della narrazione. Stupire e intrattenere in modo intelligente è la strada maestra almeno fin dai tempi di Omero, che da bravo "sceneggiatore" preferiva non giocare subito le sue carte narrative migliori ed era solito scandire le sue opere in ventiquattro “libri”, forse presagendo la durata standard di una moderna stagione televisiva.
*(il particolare) CONTESTO: scardinare il ritmo e l’andamento tradizionale della narrazione è uno dei grandi risultati di Lost… 'Picture a large, large box!’.
*IDENTIFICAZIONE/EMULAZIONE (con i personaggi): io volevo essere Desmond David Hume… l’ho deciso durante il finale della seconda stagione. Obama, non lo so. E voi?
*MANIPOLARE (e rendere comunicativi i segni): vi rimando alla lettura dell’ultimo paragrafo, per non ripetermi.
*LINGUAGGIO ICONICO: stilizzare è un modo efficace di rappresentare la realtà. Lo sanno i grandi, lo fanno spontaneamente i bambini. Le situazioni stilizzate in Lost ci sono quasi da subito ben familiari.
*SEGNI INDICALI: la vicinanza, il richiamarsi dei vari segni moltiplicano l’efficacia della comunicazione. Lost sfonda questo orizzonte fino ai limiti estremi della metanarrazione.
*SEGNI SIMBOLICI: la metaforicità di Lost diventa con il passare delle stagioni sempre più strabiliante, come del resto lo è il numero delle teorie che i fan più o meno sfegatati sono riusciti ad elaborare proprio a partire dall’alto livello di connessioni possibili.
*CULTURE TESTUALIZZATE E CULTURE GRAMMATICALIZZATE: qual è il vostro orizzonte comunicativo? Siete più uomini di scienza o uomini di fede?
Like John Locke?
Like Jack Shepard?
SEGNATI DA LOST
In definitiva, i segni comunicativi in Lost sono proposti come messaggio e ricerca di senso da completare, possibilmente in modo comunitario, sia all’interno della storia, durante il suo svolgimento (intreccio), sia all’esterno, nella sua ricezione, per spingersi - lo ribadisco - fino al limite della metanarrazione, uno dei grandi orizzonti e dei principali grimaldelli con il quale abbiamo un po’ tutti cercato di scardinare la Serie e di risalire non solo alla sorgente dell’Isola ma anche alle fonti della... Lostpedia.
Certo, forse nessuno di noi comuni mortali è mai entrato nella stanza dei bottoni o ha fatto parte del writing staff. Ma il nostro stimato relatore, che ha avuto modo di intervistare J.J. Abrams, ci ha lasciato ricordandoci la bellezza dell’essere divenuti (anche grazie alla svolta di Lost!) degli spettatori sempre più accorti e partecipi, pronti ad apprezzare ciò che (tutta) la nuova serialità ci propone.
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