In questi giorni Damon Lindelof è stato interpellato circa la possibilità di un reboot di Lost.
Al di là della più o meno poca veridicità di queste voci e del modo sempre (e solo) più approssimativo di riportare le notizie del web, spero che, dopo qualche anno dall'episodio finale, si sia ormai sedimentata l'idea che Lost è tale proprio per il suo carattere sperimentale, collaborativo, alternativo e innovativo che tanto abbiamo amato e di cui tanto abbiamo parlato proprio in questo blog.
Questa, a mio modestissimo parere, rimane la cifra di Lost che, tolto ciò, risulta, ad essere obiettivi, poco comprensibile e anche, tutto sommato mediocre, in quanto non rispetta molte promesse fatte al suo spettatore (mentre in Breaking Bad, ad esempio, vengono rispettate fino in fondo).
Ma su Lost non bisogna essere obiettivi, il punto non è il giudizio sulla serie, tanto più soggettivo quante più persone interpellerete (a proposito... non andate per sentito dire... fatevi una vostra idea... ogni anno che passa il cofanetto completo ve lo portate a casa con sempre maggior convenienza). Insomma, Lost per me rimane e rimarrà sempre una grande serie tv, perché capace di lasciare nello spettatore, anche in quello tradito, la sensazione di averlo vissuto e di aver contribuito a crearlo (e ricrearlo) insieme ai suoi sceneggiatori.
Capace di tanti reboot quasi ad ogni stagione (tra spiaggia, botola, altri, sciopero degli sceneggiatori, statua, fumo nero, barche e molto altro) Lost non poteva che concludersi laddove era cominciato ovvero con un occhio che si chiude, perché la serie contiene già dentro di sè tutti i suoi possibili prequel, sequel... ed inquel (non vi sto prendendo in giro, qualcuno comincia già a designare così la narrazione di tutto ciò che, senza essere uno spin-off, qualche ellissi ci ha solo lasciato intendere).
WE HAVE TO GO BACK? Certo, basta essere disposti ad aprirlo (di nuovo) l'occhio!