domenica 18 luglio 2010

Arrendersi al proprio destino

Un’isola per arrendersi al proprio destino…

Ci
sono luoghi nei quali l’uomo viene sottoposto alle prove più estreme, quasi messo di fronte alla morte: in quei momenti – è opinione comune – ti passa tutta la vita davanti, quella che è stata e quella che poteva essere. A pensarci in questi termini Lost non sembra nemmeno una serie televisiva complicata, anche se in verità lo spettatore appena sembrava aver assunto dei punti di riferimento significativi si è puntualmente trovato spiazzato dalla moltiplicazione dei personaggi, dei punti di vista, dei piani narrativi. A pensarci dopo qualche settimana dalla sua conclusione Lost non ci ha ancora lasciato: ancora adesso, nell’impazzare dell’estate, guardando una spiaggia tropicale, un aereo decollare o sentendo scandire semplici quotidiane battute, la forma mentis che ci siamo (più o meno comunitariamente) costruiti per seguire lo show non sembra avermi(/ci) abbandonato.

Un’isola per arrendersi al proprio destino…

Fin dall’episodio pilota, in compagnia di Jack e Kate sulla spiaggia, abbiamo assistito al tentativo di ricucire gli strappi, le ferite che la vita lascia su di noi, magari senza essere troppo schiavi del tempo, tutti persi su un’Isola catalizzatrice e “cicatrizzatrice”. Lo spettatore è stato attraversato da citazioni letterarie, cinematografiche, televisive, si è posto domande fisiche e metafisiche, ha cercato di tirare le fila di una Serie che nemmeno gli interpreti stessi, per loro stessa ammissione, hanno seguito integralmente sul piccolo schermo, anch’essi in gran parte ignari del quadro che si stava componendo col passare selle varie Seasons.

Un’isola per arrendersi al proprio destino…
Forse perché l’idea alla base di Lost non è poi così complicata e in fondo, in barba ai detrattori, ha funzionato: l’intrecciarsi dei nostri destini dà senso alla nostra storia, alla vita e la morte che combattono dentro di noi; chiediamo solo che qualcuno conservi per noi un luogo nel quale tutto ciò possa sopravvivere, nel quale le leggi dalla fisica e della metafisica non siano così rigide da negare ai nostri sogni, prima o poi, magari dopo un’infinità di sussurri, di prendere forma e soprattutto sostanza; chiediamo solo che quel personaggio che tanto amiamo, perché in fondo ci rappresenta, abbia un ruolo importante nella Storia; chiediamo che le sue vicende, come le nostre, si incanalino nell’alveo giusto, verso un destino non perduto…

Un’Isola… perché tutti, stufi delle lotte tra Titani, sogniamo di abbandonarci al nostro destino.

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